16 Aprile 2024
Approfondimenti

Killer invisibili sulle nostre mani

Articolo di Vincenzo Palermo*

Mai come adesso vediamo che le piccole cose possono ucciderci, e quanto sia difficile combattere contro un nemico invisibile. Gli esperti, le autorità e la TV ci ripetono continuamente che è importante lavarsi bene le mani per combattere il COVID-19.

La cosa sorprendente è che questa pratica d’igiene ormai accettata da tutti fu scoperta con fatica, combattendo pregiudizi e false credenze, che richiese più di un secolo per essere accettata ampiamente. Il medico che per primo la scoprì fu ripagato con una misera fine in manicomio, ucciso dagli stessi batteri che voleva combattere; la sua storia non può essere dimenticata.

Siamo nel 1847; la medicina è una disciplina già vecchia, ma incredibilmente arretrata. Non si sa nulla di germi e batteri, e le malattie sono attribuite a uno squilibrio di “umori” nel corpo umano. I medici curano ogni malattia con il salasso, in pratica dissanguando i loro pazienti.

Partorire, soprattutto, è pericolosissimo. Moltissime donne (sino al 30% nei periodi peggiori) muoiono di cosiddetta “febbre perpuerale” post-parto. È causata da un batterio, lo Streptococcus pyogenes (lo stesso che causa la scarlattina) che dopo il parto infetta l’utero e uccide la donna. I dottori dell’epoca sono ignari dell’esistenza dei batteri e attribuiscono la febbre alle cause più disparate: miasmi atmosferici, problemi intestinali, blocco della circolazione dovuto alle spinte del parto, persino l’imbarazzo delle future madri nel farsi toccare da dottori maschi.

Ignaz Semmelweis è un dottore di 37 anni originario di Buda, cioè della parte ungherese dell’allora potente impero austroungarico. Lavora come praticante alla clinica Ostetrica dell’ospedale di Vienna, e lì c’è un mistero. La clinica è divisa in due; nella prima clinica le pazienti sono visitate da dottori uomini, nella seconda da levatrici donne. La mortalità post-parto della prima clinica è del 10%, più che doppia che nella seconda; pur di evitare la prima clinica, molte donne povere preferiscono partorire per strada.

Percentuale mensile di mortalità delle donne che partorivano nella prima clinica dell’ospedale di Vienna, 1844-1849, prima e dopo l’invenzione di Semmelweis. Fonte: The Etiology, Concept, and Prophylaxis of Childbed Fever (I. Semmelweis, 1861). Immagine di sfondo da ivabalk (Pixabay)

Semmelweis affronta il mistero come un vero e proprio investigatore. Indaga su ogni minima differenza tra le due cliniche, ogni dettaglio del trattamento, cercando differenze persino nelle pratiche religiose. Ogni mattino fa lui stesso l’autopsia delle varie donne morte di febbre post parto il giorno prima.

L’idea giusta arriva a marzo 1847, da un incidente: uno studente taglia il dito del suo insegnante, un collega di Semmelweis, durante un’autopsia. Il taglio è piccolo ma il dottore muore velocemente d’infezione. Semmelweis disseziona il cadavere dell’amico e vede gli stessi danni osservati nelle donne morte di febbre. Forse, pensa, c’è una causa comune alle due morti, un agente invisibile. E (pensiero ancor più spaventoso) forse sono proprio le mani dei dottori a portare il killer misterioso dai cadaveri delle autopsie all’utero delle donne incinte. I medici infatti fanno autopsie e assistono partorienti ogni giorno, senza mai lavarsi le mani tra una visita e un’autopsia. La teoria dell’agente invisibile spiegherebbe la differenza di mortalità tra la prima clinica e la seconda; nella seconda clinica le levatrici si occupano solo di nascite, non di autopsie.

Eppure le mani sembrano pulite a occhio nudo (lo Streptococcus è grande solo due millesimi di millimetro). Ma qualcosa rimane sulle mani, come chiaro dalla puzza di cadavere che le avvolge dopo ogni autopsia.

Semmelweis sa che la puzza è rimossa efficacemente dall’ipoclorito di calcio (un parente dell’attuale amuchina®); a maggio del 1847 decide di obbligare tutti i suoi colleghi a lavarsi le mani con l’ipoclorito tra una visita e l’altra.

I risultati sono stupefacenti; la mortalità scende in un mese dal 12% al 2% salvando la vita di circa trenta donne. Nel gennaio 1848 impone regole ancora più stringenti, e la mortalità scende allo 0.7%.

I dati sembrano chiari, ma purtroppo Semmelweis non è molto bravo nel comunicare la sua idea: i dottori si considerano gentiluomini, e il loro stato sociale non è compatibile con l’idea che possano avere le mani sporche. Inoltre l’ipotesi che la febbre possa avere una singola causa sembra ai loro occhi troppo semplice. Semmelweis riesce a offendere gli ostetrici degli ospedali di tutta Europa.

Nel 1848 l’Europa, inclusa Vienna, è scossa da moti rivoluzionari; Semmelweis, ungherese e liberale, già inviso ai suoi colleghi, perde il posto nel 1849. Si stima che, in poco meno di due anni di lavoro, abbia salvato la vita a più di 500 madri.

Si trasferisce a Pest, per un lavoro non pagato all’ospedale St. Rokus. Anche qui, riduce la mortalità allo 0.85%, contro il 10-15% del resto d’Europa. Anche qui si rende odiato da tutti i suoi colleghi.

Eppure, i dati gli danno ragione. Nel 1866 Louis Pasteur dimostrerà che i germi sono la causa delle malattie, dando quindi un sostegno teorico alla pratica di Semmelweis.

Il dottore ungherese non avrà mai la soddisfazione di vedere le sue idee riconosciute. Nel 1861 comincia a manifestare segni di pazzia dovuta allo stress sul lavoro (oggi si direbbe burnout), aggravato dal diabete. Parla ossessivamente della sua scoperta, beve, si comporta stranamente. Nel 1865 gli amici, insieme a sua moglie, lo invitano a Vienna, in teoria per una gita. Invece lo portano in un manicomio; appena Semmelweis se ne accorge prova a scappare, ma due inservienti lo bloccano, lo picchiano e gli mettono una camicia di forza, provocando una ferita alla mano, che si infetta. Dopo appena 14 giorni Semmelweis muore di cancrena; forse un’ultima vendetta di quei batteri che ha contribuito a sterminare a milioni.

Ci vorranno ancora moltissimi anni perché le sue idee si diffondano, diventando conoscenza condivisa da tutti: finalmente, negli anni Ottanta del ventesimo secolo (130 anni dopo la scoperta di Semmelweis) il governo americano includerà ufficialmente l’igiene delle mani nelle sue linee guida, seguito poi da tutti gli altri paesi.

In questi giorni, quando l’amuchina o altri disinfettanti sono considerati quasi più preziosi dell’oro, dedicate per favore un pensiero e un ringraziamento a Ignaz Semmelweis, eroe quasi sconosciuto della storia della scienza e della medicina.

(*) Vincenzo Palermo è un dirigente di ricerca del CNR di Bologna e professore presso la Chalmers University of Technology (Göteborg, Svezia). Ha partecipato a varie edizioni del Festival della Scienza di Genova, della Notte del ricercatore e a trasmissioni televisive della RAI e di SKY, tra cui Superquark. Ha pubblicato con la HOEPLI una biografia di Einstein (La versione di Albert, edizioni Hoepli) nel 2015 ed una di Newton (Newton, la mela e Dio) nel 2016. Dal 2014 scrive per la rubrica “Storie di Scienza” di Sapere, la più longeva rivista italiana di divulgazione scientifica.

L’articolo sarà pubblicato in formato cartaceo nella rubrica “Storie di Scienza” dell’edizione di giugno di Sapere. Immagine di copertina: batteri al microscopio elettronico di batteri, da www.pxhere.com

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