18 Aprile 2024
Vero o Falso?

“Le piramidi sono state costruite da schiavi”. Sarà vero?

La civiltà egizia ha per molti un fascino straordinario, ed è un tema ricorrente di un’infinità di credenze e leggende. Ciò che però rappresenta maggiormente il simbolo di un’intero popolo è perfettamente condensato nell’immagine delle maestose e mastodontiche piramidi. Ritenute a buona ragione dei mausolei funerari, sono, ancora oggi, rappresentate da alcuni come un progetto costruito nell’arco di decenni a suon di frustate sulla schiena di prigionieri trasformati in forza lavoro, costretti a trascinare enormi blocchi di pietra a costo della vita. Ma sarà vero che le piramidi furono edificate con la forza di innumerevoli schiavi?

Il contesto

Vista satellitare dell’Egitto moderno; è ben visibile l’ancora oggi limitatissima superficie coperta da vegetazione.

L’Antico Egitto corrisponde alla civiltà sviluppatasi tra il IV e il I millennio a.C. nella valle del Nilo, dalla sua foce nel Mediterraneo ai confini dell’attuale Sudan. In quasi quattro millenni di storia – tre volte la durata della civiltà romana – si sono succedute numerose epoche, molto diverse fra loro. In particolare, l’epoca che ne contiene la caratteristica più nota – la costruzione delle piramidi – si estende dal regno di Zoser, conclusosi nel 2.660 a.C., al 1.500 a.C., con il cenotafio di Ahmose I, quando si erano già diffusi nuovi monumenti sepolcrali. Il periodo di diffusione di circa un millennio vede un’estesa evoluzione del concetto di “piramide”. La prima, in particolare, fu costruita sull’idea della “mastaba”, un antico tumulo a forma di parallelepipedo o piramide tronca, edificato a protezione della struttura interrata, corrispondente alla tomba vera e propria di un sovrano. Il monumento sepolcrale di Zoser è infatti composto da più mastabe sovrapposte, componendo una struttura “a gradoni”. Da questo approccio prendono poi forma le piramidi “canoniche”, composte da quattro lati triangolari edificati su una base quadrata, la cui diffusione perdura fino all’epoca del Nuovo Regno (dal 1570 a.C.), quando si diffondono sempre di più le tombe scavate e decorate – come la maestosa necropoli della Valle dei Re. L’epoca delle piramidi in Egitto è a questo punto definitivamente tramontata, lasciandoci più un centinaio di monumenti conosciuti.

La piramide rappresenta una costruzione diffusa – con le dovute differenze – in più civiltà, con scopi non sempre equivalenti (ad esempio, quelle mesoamericane erano più probabilmente strutture sacre cerimoniali). La piramide egizia, almeno per quasi tutta la sua diffusione storica, è la parte visibile della tomba di un sovrano o di una persona di alto rango. Poiché all’interno del complesso sepolcrale vengono lasciati beni di grande valore, il progetto prevede spesso ingressi murati e/o occultati, e apparati per dissuadere eventuali ladri. Nonostante l’intento (e considerato l’enorme quantità di tempo a disposizione di generazioni malintenzionati!), il risultato è stato perlopiù fallimentare: sono pochissimi i corredi funebri sopravvissuti ai tombaroli. All’interno della piramide si trovano una o più camere sepolcrali, nelle quali il corpo di ciascun defunto è preparato con la complessa procedura della mummificazione, e inserito in uno o più sarcofagi. Ciò che forse è meno conosciuto è che, al tempo dell’edificazione, le piramidi più diffuse erano esteriormente composte da pareti molto regolari (“lisce”), utilizzando apposite pietre calcaree, e avevano sulla cuspide un puntale di materiale pregiato, chiamata (in latino) “pyramidion“, equivalente a quello rappresentato anche sulla punta degli obelischi. Nel corso dei secoli, non furono solo gli oggetti preziosi ad essere trafugati: le piramidi vennero spogliate quasi interamente delle loro ricoperture, lasciando esposti i grandi blocchi di pietra sottostanti.

La piramide di Chefren. In prossimità della cuspide è sopravvissuta una parte della copertura liscia in pietra calcarea.

In merito alla tecnica di costruzione delle piramidi egizie, ciò che oggi resta poco chiaro è il metodo utilizzato per portare i blocchi sulle file superiori del monumento funebre. Se, da un lato, è probabile che fossero costruite rampe progressive per raggiungere la parte alta dell’edificio, non esistono (ancora) prove storiche definitive. Quello che invece è ben conosciuto è il fatto che fosse necessario un numero elevatissimo di lavoratori, al punto di richiedere la costruzione dell’equivalente di una vera e propria cittadina nei pressi del cantiere. Erodoto, il celebre storico greco del V secolo a.C., dichiara che, per costruire la grande piramide di Cheope, fossero necessari 100.000 schiavi, ma una simile forza lavoro è indubbiamente esagerata; più probabile che fossero richiesti dalle 20.000 alle 30.000 persone.

Sarà vero che le piramidi sono state costruite da schiavi?

Falso. Già alla fine del secolo scorso erano note prove che le piramidi furono costruite da lavoratori specializzati. Nel 2002, inoltre, un’equipe del Harvard University Giza Plateau Mapping Project, guidata dall’archeologo Mark Lehner, scoprì, nella piana di Giza (dove si trovano la Sfinge e le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino), i resti di una cittadina di varie migliaia di abitanti, probabilmente lavoratori temporanei ben nutriti (a carne, pesce, pane e birra) e a cui veniva offerta un’assistenza medica di tutto rispetto. Questi lavoratori, circa il 75% dell’intera forza lavoro, erano molto probabilmente privi di paga, anche se non significa che fossero schiavi. Se non volontari, è possibile che facessero parte delle corvé trimestrali¹ dei lavoratori dedicate a lavori socialmente utili al regno. Tutti erano tenuti a quello che oggi potrebbe essere considerato un “servizio civile obbligatorio”, e i ricchi spesso si affrancavano dall’obbligo pagando un corrispettivo. Chi, fra questi lavoratori (volontari o di corvèe che fossero) moriva nel cantiere veniva sepolto in tombe apposite nei pressi di quella del faraone, un privilegio certamente non riservato a degli schiavi. A questi lavoratori temporanei si aggiungono poi lavoratori fissi stipendiati, trasferitisi permanentemente in loco con le proprie famiglie, dedicati a mansioni specialistiche.

In breve

  • La costruzione di una piramide poteva richiedere una squadra gigantesca di lavoratori: si stima che, per la piramide di Cheope, fossero necessarie 20-25.000 persone per un totale di oltre vent’anni di lavoro.
  • La forza lavoro dedicata alla costruzione delle piramidi era composta da lavoratori specialisti stipendiati e personale di corvèe (una specie di servizio civile) convocato in turni di servizio, solitamente lunghi tre mesi.
  • Il personale di corvée non era composto da schiavi, ma da normali cittadini; questo tipo di servizio poteva essere richiesto anche alle famiglie più ricche, che si affrancavano dall’obbligo pagando una quota all’amministrazione locale.
  • Il popolo ebraico non ha nulla a che fare con la costruzione delle piramidi. La religione stessa si diffuse successivamente alla costruzione dell’ultima piramide conosciuta (il cenotafio di Ahmose I).
  • Il principale colpevole del mito che le piramidi siano state costruite da schiavi è lo storico greco Erodoto, che visse 2 millenni dopo la costruzione della piramide di Cheope, quando la conoscenza dell’Antico Regno era ormai perduta, e le fonti storiche disponibili erano poco più che leggende.

Le origini

Una delle principali fonti della credenza che le piramidi fossero state costruite da schiavi è molto, molto antica: è infatti Erodoto che scrive, nel secondo libro delle sue Storie (capitolo 124), che Cheope, per decenni, rese schiavi centinaia di migliaia di sudditi, al fine di edificare la Grande Piramide di Giza:

Erodoto, vissuto nel V sec. a.C.

I sacerdoti dicevano che, fino al re Rampsinito, c’era stato in Egitto un ordine perfetto e grande prosperità. Mentre Cheope, il suo successore, l’avrebbe ridotto alla più squallida miseria. Anzitutto, dicono chiuse tutti i santuari e proibì i sacrifici; quindi impose a tutti gli Egiziani di lavorare per lui. Agli uni impose di trascinare pietre fino al Nilo dalle cave dei monti Arabi, ed ad altri di ricevere le pietre che avevano passato il fiume su battelli, e di trascinarle fino ai monti chiamati Libici. Ogni trimestre lavoravano a turno centomila uomini. E il popolo si logorò dieci anni per costruire la strada sulla quale venivano trascinate le pietre. (…) Per la costruzione della Piramide occorsero vent’anni.

Erodoto, tuttavia, viaggiò in Egitto a decine di secoli dalla costruzione delle piramidi, in un’epoca in cui si era completamente persa la conoscenza della civiltà dell’Antico Regno – inclusa la capacità di comprendere i geroglifici. Le sue “fonti” sono completamente parziali e inaffidabili, basate prevalentemente dall’interpretazione greca di una società ormai perduta e a loro completamente aliena.

All’epoca di Tutankhamon (14 sec. a.C.) era già ampiamente conclusa l’epoca delle piramidi egizie.

Altrettanta confusione proviene dall’idea che la schiavitù degli ebrei in Egitto, raccontato nell’Esodo che fa parte sia della Torah (il testo sacro ebraico) che dell’Antico Testamento nella Bibbia cristiana, abbia a che fare con la costruzione delle piramidi. Se può essere vero che sono esistiti schiavi ebrei nella terra dei faraoni, è sicuramente successivamente all’epoca in oggetto, dato che la stessa religione ebraica molto probabilmente giunge in Egitto quando la tradizione delle piramidi è già stata abbandonata. La stele di Merneptah, che risale al 1.200 a.C., potrebbe contenere, secondo alcuni storici, la più antica menzione egizia dell’esistenza degli ebrei – a oltre 3 secoli dall’ultima piramide conosciuta; di certo non si trattava di multicentenari costruttori!²

Può essere ancora più interessante il fatto che la schiavitù fiorì effettivamente nell’Antico Egitto proprio nel Nuovo Regno, ovvero successivamente alla diffusione delle piramidi. Beninteso: la schiavitù esisteva, con modalità non dissimili a quella romana posteriore, anche nell’Antico e nel Medio Regno, ma fu solo con l’espansione dei domini nei territori degli attuali Israele, Siria e Sudan che l’antico Egitto ebbe un flusso rilevante di prigionieri. C’è da dire che, nei periodi più antichi, resta probabile il coinvolgimento degli schiavi nell’agricoltura lungo le rive del Nilo, necessaria anche al sostentamento anche dei lavoratori dei cantieri per le piramidi; in qualche modo, quindi, se non si può dire che le piramidi vennero edificate dagli schiavi, essi non ne furono esclusi.

Note

[1] nel contesto europeo, a titolo di esempio, l’usanza feudale che il popolo (civile) dovesse al proprio signore un numero di giornate di lavoro all’anno si è protratta sino al XIX secolo in Italia.

[2] La stele racconta la sconfitta del popolo di Israele e di altri popoli confinanti da parte del faraone che diede il nome al reperto, Merenptah, e della presa di schiavi.

Tutte le foto mostrate nell’articolo sono di Pubblico Dominio o con licenza CC senza obbligo di attribuzione, salvo quando diversamente indicato nella didascalia.

7 pensieri riguardo ““Le piramidi sono state costruite da schiavi”. Sarà vero?

  • E’ possibile che ci fosse una gerarchia anche tra i lavoratori addetti alla costruzione delle piramidi e che le tombe rinvenute in prossimità di quelle dei Faraoni appartenessero a coloro che in quella gerarchia ricoprivano cariche di vertice (capisquadra, tecnici di basso livello tipo i nostri capomastri). Infatti le tombe ritrovate sono di numero modestissimo rispetto a quello ragionevolmente presumibile di deceduti sul lavoro in lunghi tempi e per imprese tanto pericolose.

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    • Gli studi archeologici hanno però stimato il contrario, ovvero che almeno tre quarti dei lavoratori facessero parte della popolazione ben nutrita e curata – quindi, molto probabilmente, non schiavi. Questo basandosi su una stima di al massimo 30.000 persone, numero di per sè già alto – i numeri di Erodoto sono verosimilmente sovrastimati.

      Un esperimento citato da Nova potrebbe richiedere ulteriori approfondimenti per verificare numeri ancora più piccoli: https://www.pbs.org/wgbh/nova/article/who-built-the-pyramids/

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  • Il popolo dell’antico Egitto per me ha un fascino indescrivibile, questo perché, ogni volta scopro sempre cose nuove che vengono fatte risalire a questo popolo così ingegnoso, che nei corso dei secoli continua ad affascinare tutti noi, soprattutto per quello che è riuscito a fare con i mezzi che aveva a disposizione e che il passare dei secoli e il deserto, non è riuscito a cancellare. Questa volta ho scoperto che è stata loro attribuita anche l’invenzione del cemento.
    Questa attribuzione è stata fatta poiché si è venuti a conoscenza che nel terzo millennio, nell’antico Egitto si produceva una malta a base di gesso usata per costruire i templi, le case, i muri, le recinzioni; molto tempo dopo questo tipo di materiale è stato perfezionato dai romani, che hanno cominciato a usare una malta particolare a base di materiali sabbiosi chiamati cocciopesto e pozzolana; questo materiale, anche in caso di pioggia, riusciva ad indurirsi molto velocemente. Come tante cose del passato, nel medioevo queste conoscenze si sono perse e solo nel Rinascimento è stato ripreso quanto i romani avevano fatto adattandolo ai bisogni del momento. Da allora la corsa a produrre un materiale sempre più efficiente porterà nella seconda metà del settecento

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  • Vorrei segnalare un errore presente nella didascalia di una foto. La piramide raffigurata (che detiene ancora parte della copertura calcarea sulla sua sommità) non è quella di Cheope ma bensì quella di Chefren, seconda piramide in ordine di grandezza del complesso di Giza. La Grande Piramide di Cheope è del tutto priva della copertura liscia.

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    • Grazie mille, correggiamo subito!

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  • É ormai accertato che non furono gli egizi a costruire le piramidi. Si apre tutto un nuovo filone di ricerca sulle civiltà megalitiche antecedenti la grande estinzione intorno al 12mila a.C. da cui il diluvio universale tramandato da tutte le popolazioni della terra.
    Le teorie “indotte” dagli archeologi non combaciano minimamente con le prove scientifiche di ingegneri e geologi.
    Anche il buon senso suggerisce l’inattendibilità di miracolose abilità degli egiziani apparse dal nulla, durate un secolo nel quale hanno tagliato, spostato e assemblato milioni e milioni di mega blocchi (alcuni di 80 tonnellate impossibili da gestire anche oggi) e poi mai più replicate. Plinio il vecchio già dubitava che le piramidi fossero presenti da molto prima.
    Aver disegnato geroglifici in epoca egizia ha indotto alla postdatazione.
    L’accademia è molto lenta nella verifica interdisciplinare ma le incongruenze sono semplici e chiare.

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    • Il fatto che una teoria ci appassioni o confermi la nostra visione del mondo non è una garanzia della sua attendibilità scientifica. E, a ben vedere, una teoria scientifica non si basa solo su congetture, ma richiede prove complesse; la “teoria” scientifica si basa su un significato semantico diverso da quello che usiamo nella vita di tutti i giorni per “teoria”. La retrodatazione delle piramidi oggi è molto difficilmente considerabile una teoria scientifica; non è vero che “è ormai accertato che non furono gli egizi a costruire le piramidi” e che esistano incongruenze semplici e chiare, o che l’archeologia stia tendendo verso una crescente conferma della retrodatazione delle piramidi. Anzi, è vero il contrario: le prove della datazione attuale delle piramidi aumentano progressivamente, dall’affinamento nella rappresentazione storica della storia dei faraoni al ritrovamento dei documenti amministrativi che attestano i costi di produzione, e, ovviamente, anche alle scoperte delle tombe degli operai citate in questo articolo. Nella fantarcheologia, basta ipotizzare un filone alternativo e cercare di collegarci alcuni fatti scelti col cherry picking; questo non la rende più scientifica. E non solo perché non è così che si verifica una teoria, ma soprattutto perché bisogna prima trovare le prove di tutti gli assunti che si introducono. Ammettiamo che, nella nostra teoria, serva il “diluvio universale” per giustificare la sparizione di una superciviltà precedente; serve prima di tutto dimostrarne l’esistenza. Al momento, non è vero che ci sono prove certe, e l’esistenza di un mitologema in merito potrebbe semplicemente significare che esista una convergenza culturale (quando non proprio un’eredità, come nel caso delle civiltà che sono state influenzate dall’epopea di Gilgamesh). Altrimenti, dovremmo dare per scontata (a puro esempio) l’esistenza dei draghi e dei fantasmi, fra le tante credenze ricorrenti nelle differenti civiltà. Questo non significa che non possa essere esistitp un grande evento cataclismatico, come un’alluvione in mesopotamia; un’alluvione di scala globale richiederebbe invece prove straordinarie (geologiche, biologiche, astrofisiche…) che, semplicemente, NON ci sono al di fuori della narrazione del mito storico/religioso nelle varie culture.

      Tornando invece all’antico Egitto, citare la logica è una fallacia. Non è che, dato che non sappiamo come hanno fatto una determinata lavorazione, allora è impossibile (credenze simili si applicano alle sculture del cristo velato o ad alcuni cadaveri plastificati). Non è vero che con le tecniche moderne sarebbe impossibile spostare un blocco da 80 tonnellate: nel Guinness World of Record la pietra più grande mossa da sola forza umana è la Thunder Stone (ora a San Pietroburgo), che di tonnellate ne pesa più di 1250, ed è stata mossa da 400 persone per 6 chilometri nel 1768. La statua di Ramses II nel Ramesseo pesava più di 1000 tonnellate, ed è stata spostata via nave da Assuan. E gli esempi storici si sprecano: le colonne del pronao del Pantheon a Roma pesano all’incirca 60 tonnellate l’una.

      Visto che si fa riferimento alla logica, ammettiamo, per assurdo, che sia vero che le piramidi siano state costruite prima del 2650 a.C.; Zoser ha a disposizione circa 120 piramidi da scegliere come tomba, ne sceglie una che CASUALMENTE si inserisce perfettamente all’inizio del filone evolutivo architettonico delle piramidi – una serie di mastabe sovrapposte (attribuita a Imhotep, costruttore del tempio di Edfu). Snefru si appropria di due (o tre) piramidi, ma ignora del tutto la maestosa zona di Giza, che invece viene scelta da tre faraoni di cui abbiamo abbondanti informazioni – a questo punto loro disinformazione! – sul fatto che siano state costruite durante il loro regno. “Straordinariamente”, le piramidi attraverso l’Egitto mostrano in realtà differenti metodi costruttivi, successi e insuccessi. Prima di stabilire che tutto questo possa essere una teoria scientifica, servirebbe che qualcuno fosse in grado di mettere insieme un’analisi COERENTE e omnicomprensiva di come i faraoni si attribuissero le piramidi esistenti e soprattutto del perché non ci siano fonti che citino quelle successive prima della loro “acquisizione” (che non sia una boutade tipo “perché erano coperte dalla sabbia!” anche perchè non è vero); quali siano quelle costruite dagli Egizi e quali da altre civiltà, ma, più importanti, QUALI civiltà e quali siano le tracce scientifiche e storiche inconfutabili della loro esistenza e della loro capacità costruttiva.
      Infine, arriviamo a Plinio il Vecchio. Che aveva ragione: le piramidi non furono costruite dagli abitanti dell’Egitto che lui ha conosciuto, ovvero quelli della provincia dell’Aegyptus. Questi guardavano alle piramidi come al frutto di una civiltà precedente, allo stesso modo di come noi italiani considereremmo i Romani (la distanza temporale è quella: l’ultima piramide egizia, quella di Ahmose, risale all’incirca al XV secolo a.C., e quelle di Giza a un millennio prima).

      Insomma, prima di attribuire a un’opinione la valenza di teoria scientifica servirebbe portare prove scientifiche – non semplici pareri di un singolo specialista, anche nel caso sia presunto competente – e una conclusione strutturata che non sia semplicemente una qualche giustificazione a una credenza.

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