19 Aprile 2024
Il terzo occhio

Il giallo del tallio: una storia tragica

Il 19 novembre scorso il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Monza ha pronunciato una sentenza di assoluzione per M. D. Z., imputato, per la vicenda tristemente nota come “giallo del tallio”, l’avvelenamento nell’autunno del 2017 di nove persone con la pericolosa sostanza, di omicidio volontario plurimo premeditato e lesioni plurime, perché non imputabile: la perizia del Tribunale e la consulenza tecnica di parte della difesa lo hanno infatti ritenuto totalmente incapace di intendere e di volere. Abbiamo chiesto a Silvia Barra di raccontarci qualcosa sul tallio.

Di Silvia Barra

Per cercare di spiegare la misteriosa morte per tallio dei componenti di una stessa famiglia in Brianza nell’autunno del 2017 sono stati scomodati pozzi avvelenati, erbe mortali e i soliti escrementi di piccioni, che conterrebbero dosi enormi di questo elemento velenoso. La soluzione dell’enigma si è invece rivelata un “semplice” avvelenamento, da parte di un altro componente della famiglia, il nipote delle vittime, che avrebbe messo il tallio nelle bottiglie di acqua minerale e anche tra le erbe usate dai componenti della famiglia per preparare tisane.

Il tallio (Tl), sotto forma di sale solfato, è considerato un veleno perfetto: inodore, insapore e incolore e solubile in acqua, agisce a distanza di svariati giorni, consentendo all’avvelenatore di allontanarsi dalla scena del crimine con calma e senza destare sospetti. Per questo motivo è stato usato in passato sia nei romanzi (ad esempio in Un cavallo per la strega [tit. or.: The pale horse, 1961) di Agatha Christie), sia nella realtà, da serial killer e in più casi in Russia, per eliminare persone scomode (o anche solo per dare un “avvertimento”). Può essere considerata un’altra delle cosiddette poudres de succession, raccontate da Renato Bruni nel suo articolo su Query.

In passato tuttavia erano parecchi i casi di avvelenamento accidentale, per il fatto che il tallio era usato come rodenticida e poteva essere ingerito per sbaglio, soprattutto dai bambini. Per questo motivo è stato tolto dal commercio già negli anni ’70 in quasi tutto il mondo.

I sintomi dell’avvelenamento da tallio sono molteplici e all’inzio possono essere scambiati per quelli di numerose altre malattie comuni. Oltre a forti dolori addominali, tra i primi sintomi ci sono nausea, vomito, diarrea, febbre, sanguinamento intestinale e tachicardia. In un secondo tempo compaiono sintomi più specifici, prevalentemente neurologici, come tremori, perdita della memoria, parestesie, fino al possibile coma e decesso. Ma l’impronta finale dell’avvelenamento da tallio è costituita dalla perdita di peli e capelli, perché il tallio colpisce le cellule epiteliali nuove. Questo porta alla totale perdita dei capelli nell’arco di un mese.

Il meccanismo di avvelenamento da tallio sembra sia dovuto alle dimensioni dello ione tallio+, simili a quelle dello ione potassio. Il tallio infatti è un elemento del gruppo III della Tavola periodica che forma per lo più ioni trivalenti (Tl3+), ma può anche formare ioni monovalenti (Tl+). Il tallio sembra prendere il posto del potassio a causa della somiglianza dimensionale tra i due elementi, interferendo con tutti i processi biochimici ed enzimatici in cui è coinvolto il potassio, ad esempio nella pompa sodio/potassio (Na/K-ATPasi), nella produzione di energia durante la glicolisi, nella fosforilazione ossidativa e nel ciclo di Krebs. L’organismo si accorge della sostituzione del potassio solo dopo qualche tempo (di qui il ritardo della comparsa dei sintomi), e quando prova a espellere il tallio quest’ultimo finisce nell’intestino, dove viene riassorbito dando inizio a un circolo vizioso. La dose letale di tallio per ingestione è di circa un grammo per l’uomo.

L’unico antidoto tuttora disponibile fissa il tallio in una forma chimica stabile. Si tratta del ferrocianuro di potassio (chiamato anche blu di Prussia): il potassio di questo sale viene sostituito dal tallio, che si lega al complesso in forma stabile e non può essere riassorbito.

Il tallio può entrare nell’organismo principalmente per ingestione o per inalazione. I casi di avvelenamento per inalazione (anche se a dosi non mortali) si hanno soprattutto nei lavoratori di cementifici, dove le emissioni di tallio sono abbondanti, anche se, appunto, non sono mai state registrate dosi tali da provocare la morte dei lavoratori. Tra le fonti di ingestione, oltre all’assunzione accidentale di topicida a base di tallio, ci sono l’acqua inquinata e gli ortaggi che siano stati bagnati da acqua contenente alte dosi di tallio.

E i piccioni?

Gli escrementi dei piccioni contengono tallio, è vero, ma perché le feci sono una delle vie di eliminazione dei metalli pesanti (ricordate? il tallio viene assorbito dall’intestino: una parte rientra in circolo proseguendo l’avvelenamento, mentre una parte viene espulsa con le feci), non solo del tallio, così come i peli e i capelli (ci sono analisi medico-legali che consentono di stabilire le concentrazioni di eventuali metalli pesanti nei capelli di una persona in caso di sospetto avvelenamento). Non ci sono tuttavia studi scientifici accreditati che correlano la presenza di tallio negli escrementi di piccioni. Inoltre, come giustamente spiega Claudio Della Volpe nel suo post su La Chimica e la Società, ci sono alcuni motivi per cui un avvelenamento da tallio dovuto all’inalazione di escrementi di piccioni è praticamente impossibile.

Per prima cosa, il solfato di tallio è un sale, solubile in acqua, e poco volatile. Questo vuol dire che si scioglie in acqua e altre sostanze a base di acqua e non evapora. Se non evapora, non può essere inalato. Non per niente la sfortunata famiglia di Desio è stata avvelenata mettendo il tallio nell’acqua minerale.

Secondo, è vero, come abbiamo visto, che gli escrementi di piccioni contengono tallio, ma le quantità, visto che si tratta di residui, sono molto piccole. Se negli escrementi di piccione ci fossero quantità di tallio tali da provocare la morte di un essere umano che li ha respirati, i piccioni stessi sarebbero tutti morti avvelenati, visto che questo elemento è velenoso anche per gli animali. Inoltre, come sostiene il prof. Massimo Baraldo, direttore di farmacologia clinica dell’ospedale universitario di Udine, in un’intervista sul quotidiano Il Friuli, una persona dovrebbe respirare quantità enormi di escrementi per vedere un qualche effetto. Se ci pensiamo bene, luoghi come Piazza San Marco a Venezia o Piazza del Duomo a Milano, visitati da milioni di turisti – e di piccioni – ogni anno, dovrebbero essere luoghi pericolosi e provocherebbero la morte di decine di turisti. Cosa che fortunatamente non accade.

I piccioni sono animali sgradevoli per molti, ma non riesco a capire da dove sia nata questa “leggenda” peraltro diffusa subito come verità fondata.

I casi principali di avvelenamento da tallio, nella storia e nel mondo, sono avvenuti mettendo il veleno nel the delle vittime (celebre è la storia del serial killer inglese, chiamato appunto il killer del the, che ha avvelenato negli anni i familiari, poi dipendenti e pazienti dell’ospedale psichiatrico dove fu ricoverato, e in seguito anche i colleghi di lavoro, dopo le dimissioni dall’ospedale in quanto guarito…), ma voi non approfittatene, eh?

Certo, come in ogni situazione in cui le cause sono incerte, è comodo far ricadere la colpa su qualcosa o qualcuno, è anche più facile. Sono i piccioni, sono le scie chimiche, i complotti. In questo caso, le analisi scientifiche sono state minuziose e accurate e alla fine hanno portato alla verità. Ma le analisi non sono immediate e soprattutto non sono eccitanti ed entusiasmanti, non vanno bene da riportare in un articolo di giornale, magari con un titolo ad effetto. Hanno però il difetto che oggi sono molto precise e, se i risultati vengono analizzati scrupolosamente, portano alla verità. Che spesso è molto più banale di quanto si pensa.

Per approfondire:

R. Filippini Fantoni, “Forse non sapevate che… Il tallio e il delitto perfetto. Inoltre: il fulmicotone“, in AIM Magazine 59(2-3), 2004.

Justin, “Thallium: The Perfect Pigeon Poison?“, in Nature’s Poisons, 10 giugno 2015. 

TallioMinistero della Salute, Dipartimento generale della prevenzione sanitaria, 2016.

Toxicological Profile for Thallium“, Agency for Toxic Substances & Disease Registry.

“Cap. 9: Avvelenamenti e omicidi. La Kamera, o il laboratorio 12”, in F. Mereu, L’amico Putin : l’invenzione della dittatura democratica. Roma: Aliberti, 2011.

Immagine in evidenza: frammenti di tallio puro conservato in argon in ampolla di vetro (W. Delen http://woelen.homescience.net/science/index.html CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons)

3 pensieri riguardo “Il giallo del tallio: una storia tragica

  • ” …sia nella realtà, da serial killer e in più casi in Russia, per eliminare persone scomode (o anche solo per dare un “avvertimento”), come successe nel 2006 alla giornalista Anna Politkovskaya.”

    Mi risulta che la Politkovskaya sia stata assassinata in ascensore con un’arma da fuoco, o mi sono perso qualche cosa?

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