25 Aprile 2024
Approfondimenti

I test pre-vaccinali possono prevedere le reazioni avverse?

Articolo di Graziella Morace – Primo ricercatore presso il Centro Nazionale per il Controllo e la Valutazione dei Farmaci – Istituto Superiore di Sanità, Roma

Da quando, a luglio dello scorso anno, è stato introdotto l’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola, le associazioni no-vax sono partite al contrattacco, suggerendo ai genitori che sono restii a far vaccinare i propri figli di chiedere ai pediatri e a medici di base test ed esami pre-vaccinali, che a loro avviso servirebbero per prevedere le possibili reazioni avverse provocate dai vaccini, prima di dare il loro consenso alla vaccinazione.

I test pre-vaccinali consigliati sono di due tipi: esami di primo livello, che includono ad esempio il dosaggio delle immunoglobuline, la ricerca di intolleranze ed allergie e la tipizzazione linfocitaria, ed esami di secondo livello, come l’analisi dei polimorfismi del DNA e la tipizzazione tissutale HLA.

Il razionale che giustificherebbe tale richiesta è fornito da Roberto Gava sul sito Informasalus:

“I neonati o comunque i bambini piccoli (per la loro fisiologica condizione di vita) sono particolarmente deboli a livello immunitario e, se non facciamo attenzione, non solo li possiamo rendere ancora più deboli, ma li possiamo anche squilibrare a lungo o, in alcuni sporadici casi, per sempre;

I vaccini pediatrici, anche se raramente, possono causare gravi danni;

Alcuni bambini, anche se nei primi mesi appaiono perfettamente sani, possono avere una particolare predisposizione a presentare danni in seguito alle vaccinazioni (ipogammaglobulinemia transitoria, alterazioni del microbiota intestinale, alterazioni dell’assorbimento enterico dei nutrienti, carenza di determinate sostanze biologiche a livello cerebrale, presenza di patologie latenti, stress di vita particolarmente intensi, presenza di sostanze tossiche come gli inquinanti ambientali, ecc.)”.

Nello stesso testo, Gava ammette che:

“Va precisato fin da subito che ci sono dei test che si possono fare, ma non forniscono di per sé stessi una certezza, perché anche se risultassero normali, non potrebbero escludere una immaturità del sistema immunitario e/o una particolare incapacità di gestire l’intenso stress immunitario che le vaccinazioni multiple possono causare in organismi predisposti”.

Tuttavia prosegue:

Se però questi test risultassero alterati, pur non fornendo una certezza assoluta, esprimerebbero comunque la presenza di un buon margine di rischio ad eseguire la vaccinazione”.

È vero che i vaccini possono provocare reazioni avverse, ma si tratta nella stragrande maggioranza di casi di reazioni passeggere e di piccola entità come febbre, rossore cutaneo e dolore in sede di vaccinazione. Sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco si possono trovare molti dati utili sui vaccini e sulla reale frequenza di questi fenomeni.

In casi molto rari possono verificarsi reazioni gravi da ipersensibilità, tra cui lo shock anafilattico. Tale evento si manifesta rapidamente dopo la vaccinazione e può comunque essere risolto attraverso la somministrazione immediata di adrenalina: è proprio per questo motivo che si raccomanda di aspettare per 15-30 minuti nella sala d’attesa del centro vaccinale dopo l’inoculo del vaccino.

È inoltre possibile che compaiano casi, più frequenti ma meno gravi, di eventi avversi come le convulsioni febbrili o la porpora trombocitopenica idiopatica: entrambi si risolvono spontaneamente senza bisogno di terapie specifiche. Non sono invece correlati ai vaccini i disturbi dello spettro autistico (1-2), i disturbi dell’apprendimento (3), la sclerosi multipla o altre malattie demielinizzanti (4-5).

Ma è davvero possibile sapere a priori se un bambino avrà una reazione avversa conseguente alla somministrazione di un vaccino? La risposta è no: ad oggi tutti gli studi clinici e preclinici pubblicati su riviste scientifiche accreditate concordano che nessun esame di laboratorio (analisi delle urine o del sangue, analisi dei tessuti, caratterizzazione metabolica) e nessun test clinico è attualmente in grado di permettere una tale previsione.

Vediamo nel dettaglio alcuni dei test consigliati:

  • Dosaggio degli anticorpi. Questo test serve a determinare la presenza e la concentrazione degli anticorpi a disposizione nel sistema immunitario di un individuo e perciò a valutare se ci sia stata un’infezione recente (IgA e IgM) o passata (IgG) con un dato microrganismo. Può essere usato per identificare il microrganismo responsabile una malattia in corso o pregressa, nel caso di difficoltà nella diagnosi o, in una persona vaccinata, per stabilire se si è ottenuto il desiderato livello di protezione oppure per verificare se a distanza di tempo permane ancora l’effetto di immunizzazione dato dal vaccino. Nel caso di un neonato o di un bambino di pochi anni, invece, il test immunologico non può dare alcuna informazione supplementare rispetto a ciò che già è noto: la presenza degli anticorpi può essere dovuta o a una vaccinazione già eseguita oppure a una malattia contratta precedentemente. Se invece il risultato dell’esame è negativo, indicherà semplicemente che il bimbo non è immune e deve essere vaccinato.

Bisogna anche considerare che alcuni di questi test immunologici hanno una bassa sensibilità e possono dare i cosiddetti “falsi positivi” (individui che risultano positivi ma che in realtà non sono immuni).

È palese quindi come il dosaggio degli anticorpi a scopo pre-vaccinale sia semplicemente un test inutile.

È importante comunque sottolineare che la vaccinazione di un soggetto che abbia già contratto la malattia non rappresenta assolutamente un rischio per la sua salute. La vaccinazione, infatti, costituisce solo uno stimolo immunitario che potenzia ulteriormente la capacità di risposta a quel microrganismo.

  • Esami allergologici. L’eventualità di reazioni avverse alla vaccinazione da parte di soggetti allergici o provenienti da famiglie in cui sono presenti individui allergici può rappresentare un motivo di preoccupazione, che può spingere alcuni genitori a richiedere l’esecuzione di esami allergologici pre-vaccinali. Tuttavia la positività a uno o più di questi test non è in grado di fornire informazioni utili a determinare se il bambino potrà sviluppare una possibile reazione allergica in seguito alla somministrazione di un vaccino, poiché non esistono prove allergologiche specifiche per individuare i rarissimi casi in potrebbe manifestarsi. Inoltre sia la storia familiare di malattie immunitarie e di allergie a farmaci o alimenti, che intolleranze individuali di qualsiasi tipo non permettono assolutamente di prevedere l’insorgenza di una reazione avversa in seguito ad una vaccinazione, né l’assenza di queste condizioni consente di escludere che possa verificarsi.

L’unico modo per determinare la possibilità di una eventuale reazione indesiderata sarebbe quello di somministrare al bambino un preparato identico al vaccino, ma l’insensatezza e l’impraticabilità di tale opzione sono evidenti.

In ogni caso, secondo le indicazioni degli esperti del Ministero della salute, una reazione allergica grave ad alimenti, farmaci o comunque a sostanze non contenute nel vaccino non costituisce una controindicazione alla vaccinazione (6).

  • Studio delle sottopopolazioni linfocitarie. Questa analisi serve ad identificare i linfociti presenti nel sangue in base ad alcune proteine (antigeni) espresse sulla loro membrana cellulare, in modo da di distinguerli uno dall’altro. Incrementi e riduzioni nel numero assoluto o relativo di linfociti T, B e NK contraddistinguono alcuni tumori del sangue, alcune malattie autoimmuni rare e diverse immunodeficienze, sia primarie che secondarie. In particolare, le immunodeficienze sono caratterizzate dall’aumentata suscettibilità ad alcuni tipi di infezioni che ricorrono più frequentemente, si manifestano in forma più grave o atipica e persistono più a lungo del solito.

In presenza di sintomi compatibili con una immunodeficienza grave nella prima infanzia, con una malattia autoimmune o con la presenza di un tumore questo esame concorre a formulare una diagnosi; in tali circostanze l’opportunità di vaccinare sarà valutata caso per caso, in base al tipo di patologia ed alla sua gravità.

In assenza di un dubbio clinico, tuttavia, questo esame è inutile e la sua applicazione generalizzata a tutti i bambini si ridurrebbe semplicemente in uno spreco di denaro e di risorse.

  • Analisi dei polimorfismi del DNA e tipizzazione tissutale HLA. Secondo quanto sostenuto dai fautori degli esami pre-vaccinali, i test genetici permetterebbero di individuare i bambini a rischio di reazioni avverse. La raccomandazione a svolgere tali ricerche è collegata alla supposta capacità dei vaccini di agire “slatentizzando”, ossia attivando, patologie autoimmuni o allergiche, aumentandone il rischio di insorgenza. Ciò avverrebbe principalmente in presenza di un particolare aplotipo di HLA o di polimorfismi (varianti) del gene che codifica l’enzima MTHFR.

I test genetici sono basati sull’adversomica, una scienza che, unendo le conoscenze della farmacologia ai risultati degli studi sul DNA, studia i meccanismi per cui si instaura una reazione avversa ai farmaci. Nel caso dei vaccini, tuttavia, non è stato ancora possibile ottenere risultati statisticamente validi e affidabili tra le caratteristiche genetiche di un individuo e la manifestazione di reazioni avverse conseguenti alla vaccinazione, a causa dell’estrema rarità degli effetti avversi registrati unita alla complessità della risposta immunitaria individuale.

In effetti né l’Organizzazione Mondiale della Sanità né altre istituzioni di rilievo scientifico a livello internazionale, né alcuna delle più importanti società scientifiche europee o americane suggeriscono di sottoporsi a test genetici prima di effettuare le vaccinazioni.

L’Istituto Superiore di Sanità in un documento redatto da Franco Giovanetti (7) sostiene l’inutilità della tipizzazione HLA come test pre-vaccinale, precisando che sebbene alcune malattie (tra cui varie malattie autoimmuni) siano più frequenti nei possessori di determinati antigeni HLA, tale esame non permette di individuare i soggetti a rischio di sviluppare una reazione severa dopo una vaccinazione.

Per quanto riguarda l’indagine sui polimorfismi del gene per l’MTHFR, è stato in effetti ipotizzato un rapporto tra le varianti genetiche e possibili reazioni in seguito alla somministrazione del vaccino contro il vaiolo (8) (che comunque non viene più utilizzato dal 1977), ma non è mai stato messo in evidenza un ruolo dell’MTHFR in relazione alla somministrazione di altri vaccini. Perciò anche questo test non fornisce alcuna indicazione utile per prevedere eventuali reazioni avverse conseguenti ad una vaccinazione.

In conclusione, si può affermare che test e esami pre-vaccinali non servono a nulla, tranne che ad arricchire chi li propone e li esegue. Infatti sono analisi costose e la maggior parte di esse non può essere effettuata a carico del Sistema Sanitario Nazionale, ma solo in laboratori privati.

Inoltre, l’unica persona che può decidere di non sottoporre un bambino alla profilassi vaccinale è il pediatra che, in presenza di condizioni cliniche particolari che suggeriscano lo svolgimento di opportuni esami diagnostici, può identificare eventuali situazioni che richiedono prudenza nell’iniziare o continuare una vaccinazione, o che ne appresentano una controindicazione temporanea o definitiva. Si tratta per fortuna di casi estremamente rari e particolari, come per esempio bambini che si trovano in una condizione di grave deficit immunitario in seguito ad una patologia, ad un trapianto o ad un trattamento farmacologico in atto. A parte tali situazioni, tuttavia, non è necessario eseguire abitualmente una visita medica o la misura della temperatura corporea prima delle vaccinazioni (9).

 

Riferimenti:

  • Taylor LE, Swerdfeger AL, Eslick GD. Vaccines are not associated with autism: an evidence-based meta-analysis of case-control and cohort studies. Vaccine 2014; 32: 3623-3629.
  • Ornoy A, Weinstein-Fudim L, Ergaz Z. Prenatal factors associated with autism spectrum disorder (ASD). Reprod Toxicol 2015; 56: 155-169
  • Curtis B, Liberato N, Rulien M, Morrisroe K, Kenney C, Yutuc V, Ferrier C, Marti CN, Mandell D, Burbacher TM, Sackett GP, Hewitson L. Examination of the safety of pediatric vaccine schedules in a non-human primate model: assessments of neurodevelopment, learning, and social behavior. Environ Health Perspect. 2015 Jun;123(6):579-589
  • Langer-Gould A, Qian L, Tartof SY, Brara SM, Jacobsen SJ, Beaber BE, Sy LS, Chao C, Hechter R, Tseng HF. Vaccines and the risk of multiple sclerosis and other central nervous system demyelinating diseases. JAMA Neurol. 2014 Dec;71(12):1506-1513
  • Scheller NM, Svanström H, Pasternak B, Arnheim-Dahlström L, Sundström K, Fink K, Hviid A. Quadrivalent HPV vaccination and risk of multiple sclerosis and other demyelinating diseases of the central nervous system. JAMA. 2015 Jan 6; 313(1):54-61
  • Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni. Quinta edizione – Febbraio 2018. A cura di Ministero della salute, Consiglio superiore di sanità
  • epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/pdf/LeDomandeDifficili.pdf
  • Reif DM, McKinney BA, Motsinger AA et al. Genetic Basis for Adverse Events Following Smallpox Vaccination. J Infect Dis. 2008; 198(1): 16–22.
  • General recommendations on immunization: recommendations of the Advisory Committee on Immunization Practices. 2011;60 (RR02):1-60 http://www.cdc.gov/mmwr/pdf/rr/rr6002.pdf

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