16 Aprile 2024
Approfondimenti

Tutti vegani per restare in salute? “The China Study” e le sue conclusioni

L’elisir di lunga vita? È la dieta vegetariana, o, meglio, vegana che garantisce una drastica riduzione dei fattori di rischio relativi a patologie diffuse quanto temibili. Parola del Dr Campbell, autore di The China Study. Ma ne siamo proprio sicuri? Per rispondere a questa domanda ricostruiamo la storia di uno tra i testi più citati a proposito del dibattito sul consumo di carne e latticini.

Tutto incomincia nel 1983, quando prende avvio il Progetto Cina (China Project), uno studio epidemiologico di dimensioni titaniche che mirava a indagare il rapporto tra alimentazione, ambiente, tradizioni sociali e malattie nel territorio cinese. La scelta della Cina è stata motivata da più ragioni: disponibilità di dati affidabili; relativa stabilità e, almeno a quei tempi, stanzialità della popolazione nelle contee oggetto di analisi e, soprattutto, coesistenza di tradizioni culinarie radicalmente diverse, che consentiva di raffrontare modelli alimentari differenti. Nel 1981 erano, inoltre, stati pubblicati alcuni dati che mettevano in evidenza come il cancro, nel territorio cinese, fosse particolarmente diffuso in alcune specifiche zone, con differenze notevoli nel tasso d’incidenza tra una contea e l’altra, il che spingeva a indagare le ragioni di questa distribuzione disomogenea. Il Progetto Cina è stato condotto in collaborazione dalla Cornell University, dall’Accademia cinese di Medicina Preventiva, dall’Accademia cinese di Scienze Mediche e dall’Università di Oxford. Alla prima indagine del 1983-84 (che ha coinvolto 6.500 adulti residenti in 65 contee) ne è seguita una seconda nel 1989-90, che ha interessato 10.200 adulti (includendo 20 nuove contee nella Cina occidentale e a Taiwan e 20 famiglie in più per contea). Gli scienziati riferiscono di aver annotato con scrupolo ogni porzione di cibo ingerita dai soggetti e di aver raccolto campioni di sangue e urina.

The China Study, bestseller internazionale pubblicato nel 2005 da T. Colin Campbell (direttore USA del Progetto Cina) e da suo figlio Thomas M. Campbell II, è forse l’“eredità” più famosa del China Project. In quello che è diventato un vero manifesto del veganesimo si afferma che l’alimentazione caratteristica del mondo occidentale sarebbe potenzialmente foriera di terribili guai per la salute, mentre una dieta basata sul consumo di vegetali e che esclude le proteine animali risulterebbe protettiva rispetto alle malattie cardiovascolari, al diabete, al cancro e all’obesità. Principale imputato è il tasso di colesterolo nel sangue, che costituirebbe il fattore di rischio più importante per tutte le patologie che affliggono la civiltà del benessere occidentale, a sua volta correlato con l’assunzione di proteine animali. Una drastica riduzione dell’introduzione di queste proteine risulterebbe, pertanto, la migliore arma di difesa relativamente a tutte le malattie. La situazione ottimale coinciderebbe con la scelta dell’alimentazione vegana, che prevede la totale eliminazione di tutti gli alimenti di origine animale. Purtroppo – e qui il duo Campbell & Campbell sembra indulgere al complottismo – i benefici del veganesimo sono colpevolmente messi in ombra da torbidi interessi lobbistici che coinvolgono l’industria alimentare, i governi e anche taluni studiosi senza scrupoli.

Prima che corriate tutti a disfarvi dei cartoni del latte e che vi precipitiate ad annullare la grigliata con gli amici, fermiamoci un momento. Le conclusioni dei Campbell, tratte dal China Project, sono davvero inoppugnabili così come vengono presentate? Sembra proprio di no.

Un’interessante operazione di fact-checking è stata condotta dalla blogger Denise Minger che ha deciso di lavorare sui dati grezzi forniti dal libro dei Campbell e di confrontarli con le deduzioni che i due autori ricavavano da questi. La Minger ha potuto, così, appurare come in molti casi i Campbell avessero tratto conclusioni decisamente scorrette attraverso un’indebita selezione dei dati, oppure individuando nessi causali del tutto illusori, o ancora ignorando concetti come la significatività statistica. Ne consegue che le conclusioni del libro sarebbero, per lo più, arbitrarie convinzioni degli autori. La Minger ritiene che i Campbell si siano fatti influenzare dalle loro aspettative e, di conseguenza, siano andati in cerca di dati che confermassero le proprie idee. Perplessità sui metodi e sulle conclusioni degli autori di The China Study – in linea con le conclusioni della Minger – sono stati messi in rilievo nell’ambito della ricerca e del giornalismo scientifico. Un’interessante sintesi della questione, unitamente a una recensione del libro, a opera di Harriet Hall, medico e giornalista, può essere letta online su Science-Based Medicine.

E quindi qual è il parere della scienza in merito all’azione protettiva del veganesimo e, in generale, su The China Study? Come spesso accade, sembra che i Campbell abbiano indebitamente semplificato una questione in realtà molto complessa. Gli studi che correlano il consumo di carne con i tumori e le malattie cardiovascolari sono moltissimi, ma gli esiti non consentono di fare affermazioni così radicali come quelle degli autori. Se, da una parte, sembra chiaro che un consumo eccessivo di carne rossa aumenti la possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari e tumorali, d’altra parte non è stato possibile provare in maniera sicura il ruolo protettivo dell’alimentazione vegana. Sembra, infatti, che non vi sia sostanziale differenza tra la protezione fornita dalla dieta vegana e quella che deriva da un basso consumo di carne (che peraltro non comporta i rischi degli squilibri nutritivi correlati all’alimentazione vegana).

Un riferimento sistematico a tutta la sconfinata letteratura scientifica sull’argomento sarebbe impossibile ed esulerebbe dai nostri scopi. Uno studio olandese condotto su 120.000 individui e una review non rilevano sostanziali differenze tra chi non consuma carne e chi la consuma di rado. Altri studi sembrerebbero, invece, più vicini alle conclusioni del China Study, evidenziando, pur senza eccessi, un certo grado di protezione derivante dal vegetarianesimo (ma non dal veganesimo). Una sintesi degli studi sul rapporto tra consumo di carne e predisposizione a sviluppare tumori è presente nell’International Encyclopedia of Public Health, in un articolo a opera di A. J. Cross e R. Sinha del National Cancer Institute di Rockville, USA.

In conclusione, ad oggi non vi sono buoni motivi per raccomandare l’alimentazione vegana in ragione di una prevenzione del rischio di sviluppare malattie, mentre un’alimentazione vegetariana equilibrata o un consumo ridotto di carne (in particolare di carne rossa, quella che comporta i rischi maggiori) possono aiutarci a rimanere in buona salute.

Foto di Foundry Co da Pixabay

29 pensieri riguardo “Tutti vegani per restare in salute? “The China Study” e le sue conclusioni

  • Concordo pienamente. Ciò non toglie che, eliminando gli assolutismi, il testo sia molto interessante e i suggerimenti salutari.
     

    Rispondi
  • Riportate come Debug, non una serie di studi e di test clinici, ma l’articolo di una blogger che dichiara di essere: “scrittrice, maestra in una scuola cattolica, e istruttrice in un campo estivo” ovvero tutto tranne che una persona competente in materia.

    Da un lato abbiamo uno studio portato avanti per più di 30 anni, con una bibliografia di 50 pagine, e confermata da N medici e dall’altra parte voi mettete una persona completamente inesperta in materia?

    Fra l’altro c’è stata ampia polemica sul blog di Denise da parte di epidemiologi che la criticavano perché censurava i commenti che andavano contro le sue illazioni, tanto che sono state fatte pubblicazioni parallele per smentire quanto affermava questa “istruttrice di campi estivi”.

    Lo stesso Campbell ha risposto alle questioni avanzate dalla blogger (qui la versione in italiano http://is.gd/HfMNUy ).
    Dopo di che, è vero, si trovano studi che dicono che un dato stile di vita faccia la differenza e altri che non rilevano sostanziali differenze, ma per uno contro ve ne sono 10 a favore.
    Se vi interessa vedere come l’alimentazione stia salvando delle vite, date uno sguardo a questo sito http://www.carcinomaepatico.it/
     

    Rispondi
  • Non dico che il lavoro di Campbell sia sicuramente attendibile, ma come è stato considerato complottista il suo studio può essere considerato quello di Denis Mirger che indica la strada percorsa dal dott Campbell forzata. Mangiare derivati animali è uno stile di vita che l’uomo non può più permettersi, l’impatto ambientale che questo tipo di alimentazione esercita sul pianeta è pazzesco, la gente non lo immagina. L’alimentazione onnivora era giustificata fino a una cinquantina di anni fa quando l’uomo soffriva la fame e ricorreva ai derivati animali per integrare la sua alimentazione. Il presunto squilibrio nutrizionale che la dieta vegana porta è solo frutto di luoghi comuni medici che stanno pian piano scomparendo. Il latte per esempio è stato fino a una decina di anni fa indicato come alimento completo, adesso iniziano i primi dubbi e non può che non essere così anche a rigor di logico, dato che è un alimento che solo l’uomo continua ad assumere anche dopo lo svezzamento e di una specie differente che la natura ha fatto per far crescere un vitello fino a 250 chili in un anno. Quindi probabilmente il dott Campbell esagera a indicare la dieta vegana come panacea di tutti i mali ma sicuramente è una dieta salutare, che fa bene al pianeta e che non fa soffrire esseri viventi.

    Rispondi
  • A prescindere da qualunque implicazione di carattere ambientale , peraltro importantissima , ho la netta impressione che l’alimentazione vegana sia l’ennesimo dei tanti estremismi che mettono radici nella società occidentale , facendo breccia in segmenti della popolazione molto circoscritti e ben riconoscibili ad una attenta osservazione di carattere socio-culturale. Assumono invariabilmente  le caratteristiche di  fenomeni di breve durata. Non essendo basati su solide argomentazioni scientifiche , sopravvivono in quella terra di nessuno che è la conoscenza superficiale delle cose.

    Rispondi
    • Salve, potrebbe cortesemente farmi la profilazione socio demo del vegano tipo? Così, giusto per vedere se ci rientro.

      Rispondi
  • resta la questione del libero arbitrio. non esisterà studio al mondo a vincolarmi a scelte alimentari altrui. non contesto la scelta vegetariana ne quella vegana (per quanto trovo singolari i vegani con cani o gatti: non mi pare possano fare a meno delle proteine animali), non tollererei sentirmi dire una mia scelta alimentare non sia compatibile con questo o quello o peggio ancora sia censurabile.  

    Rispondi
  • @Claudio:

    L’impatto di una alimentazione ECCESSIVAMENTE carnivora sull’ambiente è molto probabilmente insostenibile. Diciamo pure “sicuramente” se ci mettiamo dentro l’amore per la bistecca di un texano. Ma una alimentazione con un apporto MODERATO di proteine animali (latticini, qualche uova, un paio di porzioni di carne, meglio se carne bianca o pesce, alla settimana) non produce i danni alla salute che indica Campbell, ed è ecologicamente sostenibile. 
    A questo riguardo è interessante lo studio pubblicato di recente su Nature Climate Change doi:10.1038/nclimate2353 “Importance of food-demand management for climate mitigation”.

    Rispondi
  • Vabbè ma per il Cicap, il mondo sta a posto, funziona bene, sono tutte bufale..
    2 scienziati , commentati da chi in quest’articolo ?
    Da chi?
     

    Rispondi
  • Perfettamente d’accordo con Ferruccio. Come disse qualcuno, anche se in un contesto diverso: “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”
     
     

    Rispondi
  • Ringrazio Domenico per l’osservazione. Vorrei sottolineare che, come specificato nell’articolo, le critiche al metodo adoperato da Campbell provengono dal mondo della ricerca e del giornalismo scientifico. Negli studi che sono stati citati e nelle fonti dell’articolo riassuntivo linkato si potranno reperire molte ricerche che contraddicono o correggono le affermazioni di Campbell. La citazione della Minger restava, però, doverosa in quanto la blogger è stata la prima a condurre un’accurata analisi del trattamento dei dati da parte degli autori di “The China Study” (infatti anche la Hall, come potrà riscontrare, è stata di questo avviso). E’ vero che non è un’esperta del settore ma 1) questo non invalida automaticamente le sue conclusioni, che peraltro si basano principalmente su analisi matematico-statistiche su cui è competente; 2) come già detto, le sue critiche sono state confermate dalla comunità scientifica di settore.
    D’altra parte Campbell è sì uno scienziato esperto, ma nel libro va molto oltre le conclusioni dei propri lavori sottoposti a peer review, e propone tesi che non sono condivise dalla maggioranza dei suoi colleghi (e che in studi scientifici sottoposti a revisione sarebbero state rifiutate).
    Anche la replica di Campbell alla Minger adopera argomentazioni piuttosto deboli e assai poco probanti.
    Cordiali saluti.

    Rispondi
  • @Gianni Comoretto
    Anche una sigaretta al giorno non uccide nessuno, o bere un grappino ogni tanto, con la scusa dell “è la quantità che fa il veleno” si tollera tutto, è ovvio che per piccole quantità il nostro corpo tollera anche il mercurio, difficilmente una grossa quantità di frutta e verdura fa male. Per quanto riguarda invece l’impatto ambientale credo che anche solo un consumo moderato di cibi animali possa far male al pianeta, in quando essendo ormai sette miliardi e avendo ormai consumato gran parte delle risorse non possiamo permetterci nessuna scelta svantagiosa e il consumo di cibo animale lo è perchè per ogni caloria prodotta dalla sua ingestione ne servono molte di più per creala. Dai un’occhiata qui:
     
    http://it.wikipedia.org/wiki/Impatto_ambientale_dell'industria_dei_cibi_animali
    Grazie per il tuo link, ma non l’ho capito perchè sono molto ignorante in inglese (lo so è vergognoso)
     
    saluti

    Rispondi
  • ho letto l’articolo e non condivido il vostro pensiero, soprattutto perchè voi vedete la questione dal punto di vista salutistico) , ma forse vi sfugge che la maggior parte dei vegani lo è per ETICA.
    Noi non sopportano di nutrirci della vita altrui e di causare sofferenza data da sfruttamento o da condizioni di vita ignobili.
    Ecco il motivo per cui un vegano evita anche uova (vi siete mai chiesti che fine fanno i pulcini maschi?e la vita delle galline ovaiole?), latte (vitelli e bufalotti vengono uccisi e una mucca da latte vive 4 anni e poi viene macellata), lana (andate a vedere cos’è il mulesing), piuma e angora (andate a vedere oche e conigli spennati vivi o con la pelle a brani mentre sono coscienti), miele (le api affumicate per fregargli il miele)…compra prodotti il più possibile cruelty free in amibto cosmetico e detersione….etc etc.

    la questione è etica, non salutistica…e allora vedrete il mondo con altri occhi.

    Rispondi
  • @Claudio: sulla questione salutistica risponde l’articolo, per quel che si puo’ vedere con studi scientifici un consumo limitato di carne o proteine animali non è dannoso alla salute. Una dieta esclusivamente vegetale richiede integrazioni, per essere salubre deve essere ben pianificata. Una dieta mista, con anche proteine animali, è più facilmente equilibrata, anche se non ci sono controindicazioni a diete vegetariane, o vegane opportunamente integrate. Sulla sostenibilità di 7 miliardi di persone, un po’ di carne (non certo i mega-allevamenti industriali) aumenta la a sostenibilità, in quanto consente di sfruttare terreni marginali, noi non mangiamo erba. La pesca (sostenibile) fornisce pure cibo che altrimenti non avresti. E per alcune popolazioni, in regioni in cui praticamente la sola attività che procura cibo è la pastorizia, la cosa e’ MOLTO sostenibile.

    @Saphira: le scelte etiche sono rispettabili, ma non sono il tema di quest’articolo. Personalmente penso che l’etica sia una cosa complessa, e per quanto rispetto chi trova equilibri differenti dai miei faccio scelte diverse. So che comunque la mia sopravvivenza dipende ANCHE da animali uccisi, altrimenti non derattizzerei e non controllerei le popolazioni di animali selvatici. Uso uova da galline allevate all’aperto, cerco carne di animali allevati dignitosamente, possibilmente bradi, e comunque di carne ne mangio davvero poca. Scelte mie, non credo meglio o peggio delle tue, solo diverse.

    Ma qui si cerca di capire se un particolare libro abbia o meno ragione. Poi uno può decidere per ragioni etiche di fare quasi qualsiasi cosa, basta che non vesta di salutismo le proprie (legittime) scelte.

    Rispondi
  • Gentile Saphira,
    grazie per il suo commento. Vorrei, però, precisare che l’articolo intende semplicemente illustrare la posizione della comunità scientifica intorno a una questione che riguarda la salute. Nessuno ha mai avuto l’intenzione di contestare le ragioni etiche del veganesimo.

    Rispondi
  • Siamo alle solite… ideologie über alles, commenti con fallacie logiche inenarrabili (p.e. la validità di una argomentazione fatta dipendere da chi la sostiene), le “opinioni” spacciate per argomentazioni, la confusione tra “dati raccolti in 30 anni” e loro “analisi” (a parità di dati grezzi, non tutte le “analisi” sono corrette, qualcuno può sempre sbagliare una divisione, tanto per non farla complicata). Un unico spunto sul merito. Trovo singolare, nel dibattito sull’alimentazione umana, la mancata (magari mi è sfuggita) considerazione dell’evoluzione! Il genere Homo si è evoluto per milioni di anni in “società” di cacciatori e raccoglitori (onnivori: carne+frutta principalmente), l’agricoltura è, per così dire, una “novità dell’ultim’ora”, ma anche con questa l’Homo, evoluto in Sapiens (ma non troppo :-), è rimasto onnivoro. E vengo al punto: siamo sicuri che bastino delle “analisi” di “dati” trentennali per concludere che l’evoluzione in realtà si sia sbagliata? Io sono e resterò onnivoro!

    Rispondi
  • L’evoluzione è una cosa, la ricerca un’altra.
    Seguendo la tua “logica” visto che per secoli si è fumato, si potrebbe continuare a farlo senza ripercussioni sul fisico, giusto? Chi se ne frega se la ricerca ha dimostrato che determinate sostanze fanno male, no?
    30 anni di studio hanno dimostrato cose che prima si ignoravano, interazioni fra sostanze e ripercussioni sul corpo umano anche gravi.
    Poi uno può scegliere o meno di mangiare determinate sostanze/prodotti (e menomale), ma non perché è l’evoluzione che lo dice, semplicemente perché lo può fare e lo fa, infischiandosene o ignorando il male che causa a se stesso e all’ambiente
     

    Rispondi
  • I secoli sono poco meglio dei 30 anni, ho parlato di “novità dell’ultim’ora” riguardo all’agricoltura non a caso. Per quanto riguarda che “l’evoluzione è una cosa e la ricerca un’altra” trattasi di tua semplice opinione, la ricerca in determinati casi deve tenerne conto, non dico che sia semplice, visti i tempi lunghi che la caratterizzano, ma questo non la esclude. La logica (non ne ho una mia, tu sì?) ed il buon senso dicono che bisogna tenere in considerazione l’ordine di scala: per questo la climatologia, per esempio, differisce dalla metereologia, ed è per questo che l’evoluzione non è “fuori gioco” nel tema dell’alimentazione. Per quanto riguarda la “vision” della ricerca tieni presente questo semplice fatto: il paesaggio che vede una formica è diverso da quello che vede un gatto che è diverso da quello che vede un uomo, anche se tutti i paesaggi sono veri e reali, “dimostrare” qualcosa ad una scala “non dimostrando” che le altre scale non hanno influenza significa non capire la logica e non dimostrare alcunché!

    Rispondi
  • Stiamo parlando di una scala dentro la quale ci sono gli esseri umani, ed è su quella che sono state fatte le ricerche. Ricerche che hanno dimostrato dei fatti, non delle supposizioni (e non si parla solamente dello studio cina)
    Possono essere passati milioni di anni, ma un dato fatto può essere smentito o avvallato dalla ricerca, ed è quello che è stato fatto.
     
    Poi, “l’evoluzione è una cosa e la ricerca un’altra” è un dato di fatto, son due cose distinte e separate.
    Cosi come è un dato di fatto che l’evoluzione non ci ha avvantaggiato a livello fisico e fisiologico nel consumo di carne (siamo stati solo abili nel crearci strumenti e condizioni favorevoli alla caccia/allevamento) Ti consiglio di fare qualche ricerca, di studiare il nostro apparato digerente e le differenze con quello di un carnivoro, studiare la nostra saliva (mai sentito parlare di lattasi o ptialina?) e andare a vedere le differenze con quella di un carnivoro, per non parlare della dentatura e dell’istinto predatorio.
     

    Rispondi
  • Per curiosità ho guardato i link del tuo primo intervento. Un caro saluto.

    Rispondi
  • Il veganesimo, a mio modesto parere, spesso scade nel religioso. Le motivazioni salutistiche lasciano il posto ad un’etica estremizzata, dogmatica, dedita al proselitismo e al disprezzo per chi è diverso. Chiaramente non penso che agiscano in questo modo tutti i vegani ma io ho avuto la sfortuna di conoscere solo questo tipo di persone…
     

    Rispondi
  • sono d`accordo con Domenico e aggiungo che Campbell non ha percorso una strada facile, si e` creato molti problemi con l`industria alimentare e le case farmaceutiche che ovviamente preferiscono continuare a guadagnare e se ne fregano della salute della gente!  E comunque ognuno puo` provare a nutrirsi in modo vegano per un periodo e sara` la prova piu` attendibile! Ci vuole un po di coraggio…per qualcuno e` piu` facile dire che tanti anni di studi non hanno prodotto risultati attendibili!

    Rispondi
  • @Domenico, Cri, ecc.
    Il punto di questo articolo è che le ricerche di Campbell escono dal metodo scientifico. 30 anni di dati e alcune analisi sono corrette, altre no, altre che possono essere egualmente ricavate d quei dati sono state deliberatamente omesse da Campbell perché van contro le sue idee.

    Questo lo dicono anche studiosi che sono vegetariani e vegani. La storia del grande complotto delle case farmaceutiche e delle industrie alimentari, per quanto non infondata in assoluto, purtroppo, lo diventa se viene usata, come fa Campbell, per screditare chiunque non la pensi come lui, e per giustificare il fatto che le proprie posizioni vengano contestate dal mondo scientifico, sostenendo, come fa ad es. qui, che la verità scientifica non esiste, ci sono solo gli interessi economici.

    Le ricerche non si fanno con i libri ed i blog, si fanno sulle riviste scientifiche, e passano per una verifica da parte della comunità di riferimento.

    Rispondi
  • Nonostante mi faccia schifo il veganesimo e reputi inconsistente The China Study, trovo curioso (per non dire ridicolo) da parte del Cicap, citare un blog da quattro soldi, portato avanti da una tipa senza competenze scientifiche, quando la lista degli studi da linkare – per sbugiardare Campbell e figlio – sarebbe molto lunga. Per il resto, viva la carne… Seppur con la dovuta moderazione!

    Rispondi
  • Gentile Onnivoro peloso,
    abbiamo esposto in un commento precedente le ragioni che rendevano doverosa la citazione del blog della Minger.
    Inoltre nell’articolo non mancano certo i riferimenti a studi scientifici pubblicati su riviste sottoposte a peer review. Cordiali saluti.

    Rispondi
  • @saphira
    Molti vegani si cibano di vegetali anche perché sono convinti di vivere meglio. Non a tutti sta a cuore la salute degli esseri viventi non umani o, comunque, non tutti mettono questo aspetto al primo posto. I vegani, in pratica, non sono tutti uguali! Comunuqe, anche se rispetto chi non si nutre di animali per motivi etici (gli altri mi fanno solo pena!) bisogna ricordare a lor signori che i vegetali a voi tanto cari, per essere prodotti, causano, seppur indirettamente, la morte di centinaia di migliaia di organismi (formiche, larve, topi, talpe, grilli, lumache, vermi e tanti, tanti altri) a causa delle lavorazioni dei terreni che, per chi non è del settore, non si limitano solo all’aratura, ma anche ad altre pratiche necessarie – e inevitabilmente invasive – che riguardano pure l’agricoltura biologica. Chi più chi meno, quindi, siamo tutti assassini; termine corretto se si usa la logica vegan oriented.

    Rispondi
  • Eterna discussione dell’alimentazione che ci si può permettere in paesi dove il cibo abbonda.Che una cosa faccia male e un’altra no é molto relativo,alla fine in natura in più o minor dosi quasi tutto contiene delle sostanze velenose.Di solito ci si discute di questo in città dove facendo due passi al supermercato ci si trova di tutto,ma la sensibilità vegana dimentica popoli come gli eschimesi,popoli degli Himalaya o delle foreste amazzoniche,potrebbero mai sopravvivere questi con una dieta senza carne? il latte come alcuni sostengono “la bebe solo l’uomo”beh,anche il mio cane la bebe con gusto e anche il gatto della mia vicina!.Sono d’accordo con la questione etica sulla terribile condizione degli allevamenti animali intensivi (come pure le coltivazione intensive) ma allora l’argomento si amplifica e bisognerebbe discutere delle condizioni inumane in cui vivono milioni di persone nel mondo ( spesso in quella parte del mondo che ci produce gli alimenti).

    Rispondi
  • @ george, anche io ho guardato il link postato da domenico, è fantastico solo solo perché in basso ci stanno gli AD di Amazon, utili e soprattutto inneggianti all’acquisto di utensili elettrici da cucina costruiti e venduti per uccidere/affettare/frullare la ‘carne morta’, proprio ‘quella’ che il sito, inutile, si prefigge di salvare…..STRALOL

    Rispondi
  • L’uomo è onnivoro e fino ad ora si è sempre avvantaggiato di una dieta completa in cui però le proteine di origine animale erano per vari motivi la minima parte: per centinaia di anni non ha avuto problemi. Molti dicono che alimentarsi con animali non è più ecologicamente sostenibile ma da agronomo voglio ricordare due aspetti: se eliminiamo gli allevamenti non potremo avere vero concime organico per coltura biologica (il compost non può sostituirlo completamente) favorendo azoto chimico ottenuto da petrolio; secondo i terreni pascolativi abbandonati faranno una brutta fine

    Rispondi
  • mio padre (è morto a 92 anni per un’influenza e il suo geriatra ha allargato le braccia) e sino a quella età è stato autosufficiente. Ha passato due guerre e il ventennio (nato nel 1903) e aveva una sua filosofia di vita.
    sosteneva che solo gli eccessi danneggiano il fisico, il quale ha un suo equilibrio biologico, mai esagerare su nulla e diversificare sempre l’alimentazione, mangare pochissima carne, limitare le fritture, limitare il vino, ecc.
    ha usato sempre pochi medicinali e si teneva il mal di testa e altri malanni, anche se il medico gli consigliava di assumere il farmaco appena il dolore sorgeva, resisteva il più possibile.
    diceva scherzando che non esisteva miglior medico di se stessi, e la sua prima cura quando stava male (male di qualunque tipo) era il digiuno, diceva <<mi curo come i gatti, smetto di mangiare e se non mi passa entro 3 giorni vado dal medico>>.
    certamente alcune volte esagerava nelle sue convinzioni, ma anch’io sono convinto che la cosa più importante sia la moderazione su tutto, poi conta come sempre una buone dose di fortuna.
    ciao a tutti

    Rispondi

Rispondi a Ferruccio Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *