17 Aprile 2024
Osservatorio apocalittico

Un po’ di chiarezza sull’inversione dei poli magnetici

Nella prima puntata della nuova stagione di Voyager, il programma televisivo di Rai 2 sui misteri condotto da Roberto Giacobbo, si è tornati a parlare di inversione dei poli magnetici della Terra. Un evento che scatena periodicamente paure apocalittiche e che molti catastrofisti associano al 2012, l’anno in cui il calendario Maya giungerebbe alla fine. Sull’argomento se ne dicono di tutti i colori ed è il caso di fare un po’ di chiarezza.

L’inversione dei poli magnetici terrestri è una verità scientifica acquisita nel corso del secolo scorso. Il campo magnetico prodotto dal nucleo liquido del nostro pianeta non è stabile, ma varia sia in intensità che in polarità. Il paleomagnetismo è la branca della geofisica che studia, appunto, l’evolversi nel tempo del nostro campo magnetico. Nel 1906 un fisico francese, Bernard Brunhes, scoprì che alcune rocce vulcaniche cristalline erano magnetizzate in direzione opposta a quella che consideriamo normale. Queste rocce sono indicatori fondamentali per ricostruire la storia del campo magnetico. Come funzionano? Nel corso delle eruzioni vulcaniche, insieme alla lava vengono eruttati anche minerali debolmente magnetici, le cui molecole si orientano lungo le linee di forza del campo magnetico terrestre. Quando la lava si raffredda questi minerali si solidificano a formano cristalli con due poli rivolti rispettivamente verso il polo nord magnetico e il polo sud magnetico. Analizzando l’orientamento dei cristalli più antichi, risalenti anche a diversi milioni di anni fa, in buona parte oggi sotto i fondali oceanici, è stato possibile scoprire quindi che diversi cristalli hanno il polo nord magnetico (indicato dalla bussola) in direzione del nostro attuale polo sud, e viceversa.

Dopo aver preso in considerazione diverse ipotesi, gli studiosi oggi concordano sulla teoria della periodica inversione dei poli magnetici della Terra. È stata ricostruita in dettaglio la storia di queste polarizzazioni negli ultimi 76 milioni di anni, identificando 171 inversioni del campo magnetico. Ora, risulta evidente che non esiste nessuna periodicità di questi fenomeni, che avvengono in maniera del tutto casuale. È vero che, facendo una media, si può stimare un intervallo medio di tempo fra le inversioni di circa 450.000 anni, ma la media ci dice ben poco: ci sono stati intervalli di ‘appena’ 50.000 anni e altri ben più lunghi, fino a 3 milioni di anni. Dunque, per quanto sia vero che l’ultima inversione del campo magnetico risalga a 780.000 anni fa, non è affatto vero che la prossima inversione sia in forte ritardo: lo sarebbe se tali fenomeni avvenissero ogni 450.000 anni. Ma non è così. Nulla impedisce che l’attuale polarità prosegua per altri due milioni di anni, e magari anche di più.

L’inversione dipende da fenomeni ancora non del tutto chiariti che avvengono all’interno del nucleo della Terra, che funziona come una dinamo e produce quindi il nostro campo magnetico. Non c’è quindi alcun rapporto con fenomeni cosmici. Gli scienziati non concordano invece ancora del tutto su come avvenga questa inversione. La teoria oggi dominante ritiene che l’inversione non avvenga in maniera rapida, ma lungo un periodo di tempo di circa 5000 anni. Secondo alcuni studi, i poli magnetici non si scambierebbero repentinamente di posizione, ma transiterebbero lungo il pianeta: il polo nord magnetico potrebbe spuntare sull’equatore, ad esempio. In questo caso, il campo magnetico, durante l’inversione, resterebbe stabile. Dunque, nessun problema: ci sarebbe certo da correggere continuamente i sistemi elettronici che si basano sul campo magnetico, cosa che già oggi viene fatta a causa dello slittamento annuale dei poli (che si spostano di alcuni metri l’anno), ma le conseguenze sulla nostra vita sarebbero ben poche.

Qualcosa di diverso avverrebbe se l’inversione dei poli comportasse la graduale riduzione dell’intensità del campo magnetico fino a una sua scomparsa, preludio appunto all’inversione. In quel caso, la diminuzione di intensità e la scomparsa – pur per un brevissimo periodo di tempo – del campo magnetico, creerebbe qualche problema. Perché? Il campo magnetico di un pianeta difende la sua superficie dall’effetto potenzialmente letale dei raggi cosmici. I raggi cosmici provenienti dallo spazio interagiscono con il DNA e posso produrre mutazioni alla lunga mortali per gli esseri viventi. Marte è un pianeta senza campo magnetico. Non è detto che sia sempre stato così; ma qualora non ci fosse mai stato, assai difficilmente avrebbe potuto ospitare la vita. Gli astronauti in orbita intorno alla Terra restano su per un periodo che non supera solitamente i 6 mesi, per ridurre al minimo le conseguenze dei raggi cosmici. Una futura colonia spaziale, anche su Marte, dovrà risolvere questo problema, altrimenti l’abitabilità dello spazio resterà una chimera. Ora, se il campo magnetico scompare, i raggi cosmici possono colpire la superficie, limitati solo tenuamente dall’atmosfera. I catastrofisti ritengono che ciò possa produrre un’estinzione di massa. Non è vero: se fosse vero, durante gli ultimi 76 milioni di anni si sarebbero avute, per ogni inversione, estinzioni di massa. Invece, i nostri progenitori ominidi sono sopravvissuti a numerose inversioni di polarità proseguendo indisturbati lungo il cammino dell’evoluzione. Dunque, delle due l’una: o il campo magnetico non scompare durante l’inversione, oppure lo fa ma per un periodo di tempo limitato, tale da non comportare seri problemi alla specie umana. Per colmo della sfortuna, un’eventuale esplosione di una supernova molto vicina in un momento di assenza del campo magnetico potrebbe comportare una ‘pioggia’ di raggi cosmici letale per l’intera biosfera. Ma dato che si tratta, per entrambi i casi, di fenomeni assai rari, la loro contemporaneità sarebbe davvero sorprendente, perciò l’ipotesi può essere tranquillamente ignorata.

È noto che l’intensità del campo magnetico si sia ridotta, negli ultimi decenni, di circa il 15%. Non è chiaro se questo sia l’indizio di una graduale riduzione dell’intensità fino a zero, oppure se sia un fenomeno casuale e transitorio. Gli scienziati, in maggioranza, propendono per l’ultima ipotesi. Se la prima fosse vera, comunque, ci sarebbe poco di cui preoccuparsi, come si è detto. Una cosa è certa: in entrambi i casi, l’inversione non avverrà né domani né nel 2012. E dopo tutto, se tali inversioni avvengono in maniera del tutto casuale, senza seguire uno schema, come avrebbero fatto i Maya a prevederle? Mistero.

Foto di Arpit Rastogi da Unsplash

Roberto Paura

Laurea in Relazioni Internazionali, dottorato in Fisica con specializzazione in comunicazione della scienza, è giornalista scientifico e culturale per diverse testate, ha lavorato alla Città della Scienza di Napoli ed è stato borsista dell'INFN. Dal 2013 è presidente dell'Italian Institute for the Future. Dal 2019 è coordinatore del CICAP Campania. Il suo ultimo libro è "Società segrete, poteri occulti e complotti. Una storia lunga mille anni" (2021).

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