17 Aprile 2024
CopertinaRivista

Le origini della PNL

Pubblichiamo un estratto dell’articolo di Brian Dunning che apre il numero di Query 03 dedicato alla PNL.

Erano i primi anni ’70, e un giovane studente di psicologia all’Università della California, Santa Cruz, stava trascorrendo un’altra notte in laboratorio. Il compito di Richard Bandler era quello di trascrivere ore e ore di sessioni psicoterapeutiche dello psichiatra Fritz Perls. Dopo aver trascritto talmente tante sedute da fargli quasi cadere le mani, Bandler arrivò a notare un’interessante caratteristica del modo in cui Perls parlava ai suoi pazienti. Perls aveva la strana – quasi fastidiosa – abitudine di esaminare tutti i commenti dei suoi pazienti e tornare su questi con domande molto specifiche, obbligandoli a riesaminare attentamente le proprie espressioni letterali. Qualche volta sembrava che non si potesse fare la più semplice delle affermazioni senza essere duramente ripresi da Perls. “Cosa ti ha fatto scegliere questa parola?” “Quali sono le implicazioni della tua affermazione?”. Perls forzava i suoi pazienti a confrontarsi con le cause e le motivazioni anche delle affermazioni più casuali. Bandler notò che questa tecnica aveva un effetto molto forte. Col tempo i pazienti diventavano incapaci di spiegarsi, lasciando una sorta di vuoto interno, e risultavano eccezionalmente ricettivi ai suggerimenti di Perls per riempire questo vuoto. Invece di risentirsi per quello che si potrebbe chiamare un “controinterrogatorio”, i pazienti tendevano ad accettare il processo, e Bandler scoprì che, se prese nel loro complesso, le tecniche di Perls sembravano altamente efficaci.

Bandler segnalò le sue scoperte a John Grinder, un linguista della Santa Cruz. Grinder ne fu incuriosito. I due discussero a lungo i risultati di Bandler, e decisero di ricercare altri casi che avessero lo stesso modello. Li trovarono nel corso delle sedute di psicoterapia pionieristica della terapista familiare Virginia Satir. Credendo di essere incappati in qualcosa di significativo, Bandler e Grinder documentarono e codificarono quella tecnica, chiamandola Modello Meta. I due pubblicarono nel 1975 i primi due libri di una lunga serie, il cui contenuto verteva essenzialmente sul Modello Meta. Annunciarono la loro scoperta come una svolta nella psicoterapia che avrebbe “aiutato le persone ad avere una vita migliore, più ricca e piena”. (Si tenga presente che questa presunta svolta è stata creata da uno studente e un linguista, nessuno dei quali era uno psicoterapeuta, anche se Bandler in seguito ottenne un master in psicologia)

Continua a leggere l’articolo su Query 03 (gratuitamente se sei abbonato o socio CICAP, a pagamento per tutti gli altri) oppure in inglese qui.

Immagine di Gerd Altmann da Pixabay

14 pensieri riguardo “Le origini della PNL

  • Pingback: Query 03 – La PNL

  • Pingback: Tweets that mention Le origini della PNL -- Topsy.com

  • Bell’articolo, l’origine della PNL era ancora qualcosa che non avevo letto… Una carenza non da poco, visto che è un argomento che studio da anni. 😉
    Noto che l’articolo (soprattutto la prosecuzione che non hai proposto nel post) è parecchio critico sulla programmazione neurolinguistica, apportando le critiche più quotate. Secondo me bisogna fare la distinzione fra venditori che parlano di PNL e professionisti seri: i primi sono (appunto) venditori che sfruttano l’ascendente della PNL per fare un mucchio di soldi, i secondi invece sviluppano e praticano delle tecniche che possono essere applicate sia dai singoli che in una più ampia panoramica di psicoterapia.

    Rispondi
  • Credo che sia assolutamente doveroso premettere che io non sono né voglio essere il paladino della PNL. Chi conosce a fondo il mio lavoro sa bene che ogni mio riferimento alle tecniche subliminali della PNL è in buona parte volto a creare una suggestione, e non ha carattere scientifico. E non potrebbe essere diversamente visto che io non mi occupo di scienza, ma di arte e teatro, all’interno dei quali la psicologia, l’ipnosi, le tecniche di comunicazione non-verbale e anche la PNL mi hanno spesso fornito fenomenali spunti per i miei spettacoli.
    Detto questo, mi permetto di commentare, tra il serio e l’aceto, quanto letto a pagina 29, nell’articolo sulle origini della PNL, perché non posso permettere che certe imperfezioni compaiano nella pagina che precede una mia enorme fotografia…
    Ebbene, in riferimento al paragrafo nel quale l’autore tenta di sintetizzare il Metamodello piennelliano attraverso un paio di esempi, alla domanda “Oggi mi sento bene” il metamodello non risponderebbe affatto chiedendo “Di preciso cosa ti fa sentire così bene?” e soprattutto non proseguirebbe mai chiedendo “Perché proprio questo aspetto ti fa sentire bene?”. Chiunque abbia un minimo di infarinatura di PNL sa che la parola “Perché” in forma interrogativa è praticamente bandita dal vocabolario piennelliano, proprio perché il metamodello della PNL non è il gioco del perché che facevamo quando avevamo otto anni… “Oggi sto bene” – Perché stai bene? “Perché mi sento felice” – E perché ti senti felice? “Perché è una bella giornata” – E perché è una bella giornata? (e avanti così all’inifinito…)
    Piuttosto, il metamodello piennelliano è volto a focalizzare l’attenzione sull’uso da parte dell’interlocutore (o “paziente”) di certi termini che denotano forme di generalizzazione, distorsione o cancellazione nella percezione mentale della “realtà”. Ad esempio, il piennellista partirebbe dalla frase iniziale del paragrafo in questione (“Ho letto molto materiale sulla PNL e la mia analisi del Modello Meta è molto semplice.”) chiedendo: “Cosa intendi per molto?” (la parola molto – usata fra l’altro due volte nella stessa frase – è un quantificatore, indice di generalizzazione).
    Per questo, la mia personale sensazione è che ridurre il metamodello ad una (cito) “tecnica di vendita ad alta pressione” sia fortemente riduttivo e nemmeno corretto. Non c’è  bisogno di scomodare la PNL per sapere che quello che è molto per una persona può essere poco per un’altra, ma vista la vaghezza con cui il metamodello viene presentato la sensazione è che l’autore forse avrebbe dovuto leggere moltissimissimo materiale sull’argomento prima di avventurarsi a spiegarlo…
    Inoltre, l’esempio riportato (tra i milioni che potevano essere scelti) dall’autore mi apparso piuttosto infelice: all’affermazione “Oggi mi sento piuttosto bene” chi fa piennelle risponderebbe “Ottimo! Sono contento per te!”. Forse il praticante di PNL approfondirebbe la questione nel caso l’affermazione fosse: “Oggi mi sento piuttosto male“…
    Voltando pagina (sì: sto facendo comunicazione subliminale per spingere chi ha in mano il numero di Query a soffermarsi sulla pubblicità della rivista MAGIA…), mi ha divertito il parallelo con cui si ironizza sul fatto che Bandler non sembra aver seguito i suoi stessi consigli sulla comunicazione, arrivando a citare in tribunale Grinder. Fortunatamente questo non può essere certo considerato un parametro scientifico per valutare l’efficacia di una teoria o di un modello (mentre magari potrebbe essere un parametro importante e necessario nel campo della politica o della religione, ma questo è un altro discorso…). E scrivo “fortunatamente” riferendomi all’interminabile lista di studiosi e ricercatori che nel corso della storia hanno fornito contributi fondamentali alla psicologia e alle neuro-scienze “classiche” (o “scientifiche”, se preferite) pur avendo una condotta personale piena di contraddizioni.
    In breve, adeguandomi allo stile di Brian Dunning, autore del vostro articolo, potrei dire che ho avuto modo di conoscere personalmente molti psicologi e la mia analisi è molto semplice: non esiste una categoria più insana di mente…
    Ma in fondo chi sono io per criticare anche questo, considerando che ultimamente mi scopro a chiacchierare amorevolmente con i miei due ratti da laboratorio che, la sera davanti alla tivù, condividono con me il divano del mio salotto…
    Un caro saluto a tutti!

    Rispondi
  • Sig. Tesei, escludendo l’utilizzo a scopo di finzione scenica, non ho capito se lei sostiene o no la validità della PNL (nel senso: sì o no).

    Rispondi
  • Caro Francesco (Tesei, lo specifico perche’ rispondo al tuo post ma subito  dopo di te ha commentato un altro Francesco)
    grazie del tuo commento. A me pare, e l’ho scritto anche nell’editoriale di presentazione del numero, che sotto il grande cappello della PNL rientrino così tante cose (e cosi’ diverse tra loro) che di un qualsiasi articolo sul tema e’ possibile dire  “Ma la PNL è un’altra cosa, non è quella che voi criticate!” Come ben sappiamo, pero’, in casi come questi sono le evidenze portate a sostegno di una teoria a consentirci di darne una valutazione ragionata e qui sono molti gli esperti che, dopo aver esaminato le prove portate dalla PNL a sostegno delle sue affermazioni, hanno concluso per la loro inconsistenza.
    Un caro saluto
    Lorenzo Montali

    Rispondi
  • Convintissimo che la PNL funziona.
    Se ci credi, ma anche il pendolino funziona se ci credi.
    Comprendo ed accetto tranquillamente il fatto che per vivere di “mentalismo teatrale” in Italia bisogna avere un pubblico e se non c’è bisogna crearselo da certe aspettative che il pubblico vorrebbe.
    Appunto della PNL si può dire di tutto e il contrario di tutto e di conseguenza qualsiasi cosa si scrive è opinabile.
    Sarà che avevo “”predetto”” delle incongruenze tra il rapporto Tesei/Cicap 😉 … (solo una battuta questa)..
    Bellissimi gli spettacoli di Francesco Tesei che consiglio a tutti e ottimo il dossier sulla pnl del cicap che condivido pienamente.
    Due mondi che si incontrano quando si critica giustamente il paranormale ma si scontrano un tantino se si parla di PNL.
    Ma questo avviene tra tutti noi, se iniziassimo a criticare la religione,  l’economia mondiale, la politica o la semplice psicologia (e per me ci sono buone ragioni per farlo) ognuno di noi avrebbe un motivo per maledire il cicap.
    Ad ogni modo la foto di Francesco tra le pagine di un articolo critico sulla pnl ci sta bene, differenzia ciò che è il mentalismo da ciò che è la pnl.
    E se il mentalismo moderno prevede che ci sia un’unione tra le due cose come causa ed effetto della magia, ben venga.
    E’ una bellissima illusione.
     

    Rispondi
  • Carissimo Pierfrancesco, hai centrato la questione!  Il Mentalismo è un arte, un modo di fare spettacolo e, per quanto mi riguarda, di fare teatro. Il Mentalismo crea una suggestione, un’illusione (come giustamente scrivi tu) che è prima di tutto psicologica. Perché, come ho detto recentemente in un’intervista a Massimo Polidoro, la magia non sta nelle maniche del prestigiatore o nello sguardo del mentalista, ma nella mente del pubblico. Però, a differenza dell’illusionismo che si muove nel reame del fantastico e dell’incredibile, l’arte del mentalismo contemporaneo si muove in maniera sottile (e a mio parere raffinata) nella “zona d’ombra” del verosimile, sfumando i confini tra ciò che è plausibile e ciò che non lo è. Mi rendo conto che questo può essere fonte di equivoci, e per questo sono qui a scrivere. Quindi, per chiarire la mia posizione, io appoggio e abbraccio la missione degli amici del Cicap, volta a risolvere i mysteri, ma contemporaneamente condivido il pensiero di Einstein, quando ci ricorda che “Chi non è più capace di fermarsi a considerare con meraviglia e venerazione è come morto: i suoi occhi sono chiusi”. Meraviglia, stupore e provocazione. Il gioco è di far sorgere il dubbio, perché il dubbio è in realtà la principale molla per la curiosità, elemento fondamentale della natura umana. Senza dubbio e curiosità non c’è ricerca della verità, così come senza meraviglia e stupore non c’è sogno e spirito. Sono due facce della stessa medaglia, e il teatro, il cinema e la letteratura si innestano spesso proprio lì: a metà strada, fungendo da ponte tra razionalità e desiderio, tra ragione e passione, tra reale e surreale. Nel momento in cui questo è chiaro non ci possono essere “scontri” tra me e il Cicap, per il semplice fatto che (con le parole di Marta Annunziata) “anche ai Cicappini piace andare a vedere uno spettacolo e rimanere sbalorditi”.
    Ma questo articolo non parla di me e quindi, tornando al discorso iniziale, la mia era una precisazione prettamente tecnica: possiamo criticare la PNL fino a distruggerla, ma facciamolo in maniera precisa e informata. Le regole e gli schemi del Metamodello non sono quelli descritti nell’articolo. Tutto qua. Questo non vuol dire che Francesco Tesei ritenga che la PNL sia valida in tutte le sue molteplici e strampalate sfaccettature. Lo spettro della PNL è talmente ampio da renderla difficilmente inquadrabile e giudicabile (come scriveva giustamente Pierfrancesco).
    Ad esempio, se quando pensiamo alla PNL ci riferiamo a frasi come: “La mappa non è il territorio” o “Se continui a pensare come hai sempre pensato otterrai gli stessi risultati che hai sempre ottenuto”, potremmo dire (al limite) che è banale, ma è assurdo cercare qualche prova scientifica.
    Parte della PNL è suggestione, ed è proprio quella parte che solletica la mia sensibilità come persona e come artista.
    Tutto il resto, francamente, non mi interessa.

    Rispondi
  • Sig. Tesei, escludendo l’utilizzo a scopo di finzione scenica, non è chiaro però se lei sostiene o no la validità della PNL (nel senso: sì o no).

    Rispondi
  •  

    Caro Francesco,
     
    come ho già scritto la PNL abbraccia un ventaglio di cose troppo ampio per poter rispondere con un secco “sì” o “no”.
     
    In breve, posso dire che io considero tanti aspetti della PNL (se mi passa il termine davvero poco scientifico) “fuffa”: un misto di cose impossibili da dimostrare e di banalità new-age.
    Contemporaneamente, però, il mio mentalismo e la mia carriera hanno giovato grandemente dallo studio della PNL. Probabilmente senza PNL non mi troverei nella posizione in cui mi trovo oggi, perché la PNL mi ha fornito alcuni strumenti per avere una comunicazione più efficace con le persone, e in un lavoro come il mio, fatto di continui rapporti interpersonali, la comunicazione svolge un ruolo molto importante. E, ancora prima, mi ha aiutato a “pensare in maniera più efficace”.
     
    Per spiegare quali siano gli strumenti mentali a cui faccio riferimento finirei per scrivere pagine intere, perciò la mia risposta è un invito: perché non viene a conoscermi di persona, ad uno dei miei spettacoli?
    Sarà un piacere conversare con lei e raccontarle ciò che penso dei vari aspetti della PNL, riportandole la mia esperienza personale.
    E a proposito di esperienza personale, vorrei fare una precisazione prendendo spunto dal post dell’amico Pierfrancesco, che ha scritto con velata ironia: “La PNL funziona se ci credi, così come anche il pendolino funziona, se ci credi”.
    Bene, io capisco quello che Pierfrancesco vuole dire, ma credo che sia interessante osservare la cosa anche dalla prospettiva opposta: non è che “se ci credi allora funziona”, ma piuttosto: “ci credi perché con te ha funzionato”.
    È una questione molto delicata, alla base della quale risiede il nocciolo e la spiegazione di tante credenze.
    Ogni singola persona vede il mondo dalla propria prospettiva, dando priorità alle proprie esperienze personali.
    Ad esempio, se comincio ad assumere una medicina alternativa e in breve tempo mi passa l’influenza, la mia esperienza personale mi conduce a ritenere che quella medicina funzioni, per il semplice fatto che ha funzionato CON ME. Poco importa se “là fuori” qualcuno ha pubblicato una statistica per dimostrare che la percentuale di efficacia della medicina in questione è talmente bassa da poterla ritenere inefficace.
    È davvero una questione molto delicata.
     
    In conclusione, spero che quanto ho scritto possa soddisfarla, caro Francesco.
    Gli amici del Cicap sono animati dalla passione per fare luce nel mistero, mentre io (da bravo Giocoliere della Mente) adoro vedere cosa succede quando davanti a questa luce si mette uno specchio, e poi un altro, e poi un altro…
     
     

    Rispondi
  • La questione sulla PNL mi sembra arrivata a un punto di autoalimentazione. Un luogo della discussione in cui si può affermare tutto e il contrario di tutto. Questo è un problema epistemologico.
    La scienza appare l’opposto della PNL proprio partendo dalla base delle caratteristiche che la contraddistinguono. Una di queste caratteristiche fondamentali è proprio quella di ricercare la verità dei fatti e degli accadimenti (realtà) prescindendo dagli strumenti linguistici, strumentali e interpretativi della realtà stessa. Due ingegneri concordano perfettamente su cosa accade nel momento della fissione nucleare anche se uno è giapponese e l’altro parla russo e scrive in cirillico, quindi anche se possiedono due strumenti di “programmazione linguistica” differenti non solo nella sintassi ma addirittura nell’alfabeto. La scienza cerca di togliere il rumore dei diversi strumenti con cui analizziamo la realtà perché possono essere causa di errori e false visioni. Illusioni appunto, per nulla reali.
    In natura un pipistrello che “vede” con l’ecolocazione realizza la presenza di oggetti che esistono anche per chi vede attraverso un occhio “fotografico”: i muri sono gli stessi, stessi ostacoli, stessi insetti. Il modo diverso (il programma) con cui si osserva il mondo non fa vedere due mondi diversi. Ci possono essere sistemi più o meno efficaci di visione, è vero. Un occhio in grado di vedere solo ombre o chiari scuri è poco efficace ma già concorda sulla presenza di luci e ombre. E’ possibile che qualcuno abbia programmi più sviluppati che gli permettono di essere più accurato nella visione della realtà, ma se la PNL fosse un’interfaccia migliore ci sarebbero evidenze di questo anche attraverso altri metodi: matematici, psicologici, test, anlisi dei risultati in doppio cieco o al ungo termine. Questo non accade e alla fine è la stessa PNL che rivendica, a quanto sembra, una sua natura diversa: quella di riuscire cambiando l’interfaccia a cambiare la realtà. Personalmente mi sembra l’illusione di chi cambiando il sistema operativo da Windows a Ubuntu spera di cambiare l’hardware della macchina.
    Infine la storia umana è piena di persone che hanno venduto il loro modo di vedere il mondo e hanno riscosso successo perché sono riuscite a interpretare un’esigenza profonda di cambiamento e/o speranza, questo non implica necessariamente che detengano la verità, anzi spesso è proprio il contrario.
    La sindrome di Stoccolma in cui il prigioniero manifesta sentimenti positivi nei confronti dei propri carcerieri purtroppo non cambia la realtà. Può essere considerata solo una percezione diversa della propria condizione. Alla fine, forse, aveva ragione Albert Camus quando sosteneva che non c’è nulla a cui non si finisca per fare l’abitudine, compresa una vita vissuta nel credere di essere su un pianeta esclusivo centro dell’universo.
     

    Rispondi
  • 1) Interessante, considerando i giorni in cui stiamo vivendo, l’esempio dei due ingegneri nucleari che si intendono alla perfezione sulla fissione nucleare… i due ingegneri si intendono perché parlano il linguaggio della matematica. Rimanendo sull’esempio, mi chiedo se si tratta degli stessi ingegneri che fino a poche settimane fa avrebbero garantito la sicurezza delle centrali nucleari… Vedi Fabrizio: gli uomini non basano le proprie relazioni sociali usando equazioni matematiche. Ad esempio, in questi giorni viene da chiedersi che cosa vuol dire “le centrali che costruiremo in Italia sono di terza generazione, e sono assolutamente sicure”. Noi uomini siamo capaci di costruire frasi del genere, utilizzando le illusioni del linguaggio come una trappola. A volte è una trappola che tendiamo agli altri, ma spesso è una trappola per noi stessi.
    2) L’esempio del pipistrello è un capolavoro: una macchina fotografica e un pipestrello “vedono” innegabilmente lo stesso mondo in due modi assolutamente diversi. È proprio questo il nocciolo della PNL. La PNL punta il dito sul fatto che il nostro sistema di percezioni e credenze ci fa percepire la realtà in modi diversi, e per questo bisogna stare molto attenti a parlare di “Realtà oggettiva”. Metaforicamente parlando, la PNL non metterebbe in discussione il fatto che ci sia un muro, ma, al limite, il fatto che quel muro venga considerato un ostacolo egualmente insormontabile da qualsiasi persona. Se poi il muro è un muro psicologico, la cosa diventa ancora più ovvia.
    3) Sarebbe molto interessante sapere a cosa ti riferisci quando parli di “cambiare la realtà”. Intendi dire “fare sparire un albero”? In questo caso hai ragione: la PNL è una bufala e non funziona, perché non ci sono prove che qualcuno sia mai riuscito a fare sparire un albero. Ma vorrei sapere se consideri qualcosa di reale anche… non so… “litigare di meno in famiglia”, oppure “amare e sentirsi amato”, o “non offendersi”. Qual è esattamente il livello di realtà nel quale ti piace vivere? “Vedere le cose in maniera più efficace” non vuol dire avere dieci decimi di diottrie. Forse possono chiarire meglio il concetto di “mondo”, in funzione di ciò di cui si occupa la PNL, le parole di Gianrico Carofiglio: “In verità, quando le parole e le frasi sono non direttamente performative, ma narrative e descrittive, esse possono realizzare una peculiare funzione costruttiva del mondo. La narrazione dei fatti non è un’operazione neutra: la comunicazione spesso letteralmente CREA quella che noi chiamiamo realtà, come ha affermato, con toni solo apparentemente paradossali, Paul Watzlawick”. Anche Wittenstein dice qualcosa qualcosa del genere, in maniera ancora più sintetica e suggestiva: “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”.

    Rispondi
  • 4) Anche l’esempio su software e hardware denota, a mio parere, una certa confusione sulle teorie della PNL. Per hardware, infatti, dobbiamo intendere gli organi preposti a raccogliere gli input esterni (i nostri sensi), mentre per software si intende il sistema operativo che è incaricato di elaborare tali dati. Già Keplero nel 1604 capì che a vedere non è l’occhio ma il cervello (se fosse altrimenti la domanda più ovvia sarebbe perché, visto che abbiamo due occhi, non vediamo due immagini invece di una sola…). L’informatica ci insegna esattamente questo: un software migliore riesce a fare girare meglio i programmi, a parità di hardware. Secondo la PNL, il software che noi abbiamo a disposizione è il linguaggio, e le stringhe dei nostri programmi sono le parole e le frasi con le quali la nostra mente racconta e descrive a se stessa (…elabora) le percezioni che arrivano dal mondo esterno. In questo senso credo che la PNL non si faccia affatto il tipo di illusione che descrivi tu. Non ho mai letto in nessun libro di PNL che grazie ad essa non avremo più bisogno di portare gli occhiali (“migliorare l’hardware”)… se il nostro hardware è un po’ malandato (la nostra vista) dovremo abituarci a portare un bel paio di occhiali, ma il punto è: come elaboriamo ciò che i nostri sensi registrano? Siamo sicuri che esista un solo modo? Siamo sicuri che sia quello migliore? Quando la PNL dice, per usare le tue parole, che cambiando l’interfaccia si cambia la realtà, intende “cambiare il modo di elaborare i dati raccolti, sia a livello sensoriale che a livello concettuale”.
     

    Rispondi
  • 5) Senza bisogno di scomodare la sindrome di Stoccolma, è sufficiente chiedersi cosa si intende per “essere prigioniero” o “essere libero”. Un monaco tibetano continuerà a sentirsi libero anche dentro ad un carcere cinese, continuando ad avere compassione per i suoi torturatori. Sei TU, da occidentale, a vederlo in un’innegabile condizione di “prigioniero”, secondo quello che è il tuo sistema di pensiero. Ma forse il monaco ha un concetto diverso per quanto riguarda “essere liberi”. Forse è un concetto migliore di quello occidentale, e grazie ad esso lui può “vedere” proprio te come prigioniero di te stesso. In effetti credo che sia come scriveva Camus: possiamo abituarci a tutto. Anche a credere che esiste soltanto ciò che possiamo misurare ed esprimere attraverso un’equazione matematica…

    Rispondi

Rispondi a Francesco Tesei Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *