17 Aprile 2024
A che punto è la notte

A che punto è la notte 26 – Mappe misteriose

Con questa rubrica facciamo il punto sui mysteri di vecchia data, che esercitano ancora tutto il loro fascino pur essendo già stati smentiti e razionalmente spiegati. Oggi parliamo di mappe che nessuno avrebbe potuto disegnare.

Partiamo da un assunto: sono costituzionalmente incapace di leggere mappe e cartine geografiche. Per me, peggio della geografia a scuola c’era soltanto l’algebra, il che è tutto dire. Sono vissuta accanto a collezionisti di mappe antiche, ma quelle appese nel salotto mi facevano lo stesso effetto di – ve li ricordate? – i poster venduti ovunque a fine anni ’90, quelli apparentemente astratti ma che se li fissavi per un lasso di tempo sufficiente compariva la Statua della Libertà in 3d: mai riuscita a vedere alcunché, e c’è un angolino del mio cuore convinto che anche il resto del mondo millantasse le visioni e in realtà siano stati venduti migliaia di fogli a righe colorate e basta.

Il concetto di mappa misteriosa è quindi per me applicabile a qualsivoglia creazione cartografica, ma a quanto pare esistono invece esemplari che sono tali anche in senso assoluto, disegnate prima che fosse nota l’esistenza delle terre rappresentate.

Come già accaduto per i presunti UFO raffigurati nelle opere d’arte medievali e rinascimentali, un lavoro imprescindibile per avvicinarsi al tema è quello svolto da Diego Cuoghi, da cui io stessa ho preso l’abbrivio e buona parte delle informazioni riportate di seguito.

1 – La mappa di Piri Reis

Da Wikimedia Commons, pubblico dominio

Da quanto tempo è che non ci facevamo un giro nel meraviglioso mondo di Erich von Däniken e i suoi alieni turisti-costruttori-parcheggiatori aeroportuali? Più di qualche numero della rubrica, pertanto mi è sembrato doveroso rievocarlo nuovamente, anche se in realtà in questa occasione è responsabile solo in parte della teoria alternativista che circonda la mappa disegnata nel 1513 (anno islamico 919) dall’ammiraglio e cartografo ottomano Piri Reis. I maggiori sostenitori dell’ipotesi che la mappa non sia compatibile con l’epoca, sono infatti Charles Hapgood, nel 1966, e Graham Hancock (tuttologo che al confronto Pico de Paperis sta ancora alle astine), nel 1995. Per tutti gli appassionati di misteri, infatti, quello disegnato nella parte inferiore del tassello è senza la benché minima ombra di dubbio il continente antartico, raffigurato con una precisione di dettaglio allora impossibile, tanto da poter riconoscere la zona nota come Terra della Regina Maud. Peccato che l’Antartide sarebbe stato scoperto ed esplorato circa 200 anni dopo, dalla celebre spedizione di Cook.

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Da Wikimedia Commons, pubblico dominio

Ora, posto che l’idea che vi fossero delle terre emerse – la cosiddetta Terra Australis – anche nell’emisfero meridionale risale ai tempi di Tolomeo, gli alternativisti lasciano irrisolte alcune questioni che chiunque, osservando più da vicino le immagini della mappa (attualmente conservata al museo Topkapi ma non esibita al pubblico), potrebbe avanzare: se è l’Antartide, come mai Piri Reis vi ha disegnato un serpente con la scritta “Questa terra è disabitata. Tutto è rovina e si dice che siano stati trovati grossi serpenti. Per questa ragione gli infedeli Portoghesi non sono sbarcati in queste terre che si dice siano molto calde“? E come mai il continente antartico sembra indiscutibilmente attaccato all’America del Sud? Lo so persino io  che fra le due terre ci sono diverse centinaia di chilometri di distanza!

In realtà, al solito, esiste una spiegazione ragionevole e collocabile nell’epoca: girando la carta di Piri Reis in orizzontale si riconosce con buona approssimazione tutto il territorio che arriva fino alla Terra del Fuoco e addirittura sembra raffigurato lo stretto di Magellano, che sarebbe stato attraversato dall’esploratore solo sette anni dopo, ma di cui già Vespucci aveva accennato l’esistenza (senza contare che la mappa potrebbe essere stata aggiornata e modificata in un secondo momento).

La mappa di Piri Reis è comunque un documento storico di grandissima rilevanza, sopratutto perché ha utilizzato come fonti le mappe di Colombo, di cui è quindi attualmente la sola rappresentazione rimasta.

2 – La mappa di Oronzio Fineo

E niente, questa cosa dell’Antartide disegnata anzitempo è proprio un pallino per i “bad archeologists“: altra mappa che li manda in sollucchero è infatti quella disegnata nel 1531 da Oronzio Fineo, noto anche come Oronce Fine o Orontius Finnaeus (comunque sia, un nome sfortunato, ammettiamolo). A differenza di quella di Piri Reis non c’è molto margine di dubbio, la Terra Australis è raffigurata estesamente con apposita “didascalia” e collocata nell’equivalente attuale del Polo Sud.

Secondo i siti alternativisti, si distinguerebbero pianure, alberi, fiumi ed estuari, cosa che confermerebbe quanto sostenuto dalle ricerche recenti su un passato rigoglioso del continente prima dell’avvento dei ghiacci: io riesco a distinguere solo presunte catene montuose, ma abbiamo già appurato quanto non sia una teste affidabile sull’argomento.

Di nuovo, però, ingrandendo appena l’immagine possiamo vedere che la didascalia completa recita Terra Australe di recente scoperta ma non completamente conosciuta e che la posizione in cui è collocata l’avvicina troppo al Sud America. Di conseguenza, è abbastanza ovvio pensare che si tratti delle molte terre che gli esploratori dell’epoca intravedevano senza esplorare e di cui riportavano pochi dettagli, che Fineo ha messo insieme per creare questa landa mitica: secondo Cuoghi sono probabilmente riconoscibili sia la Terra del Fuoco che l’Australia.

Noua, et integra uniuersi orbis descriptio (1531) di Oronzio Fineo. Originale dalla Library of Congress. Migliorata digitalmente da rawpixel.

3 – La mappa del Creatore

Questa è una storia proprio divertente, di cui il CICAP si è già occupato in passato, perfetta per farvela leggere sotto l’ombrellone o il pino (ci sarà pure qualcuno che va ancora in vacanza in montagna, no?).

Il 1 aprile 2002 diverse testate russe lanciarono una notizia sorprendente, ripresa poi anche dai media italiani: era stata rinvenuta un’antichissima mappa in rilievo della zona degli Urali. Il professor Chuvyrov, della facoltà di chimica dell’Università di Bashkir, rilasciava dichiarazioni mirabolanti sulla puntualità della mappa e l’impossibilità di riprodurre quel tipo di vista se non ponendosi al di sopra dell’area. Unica anomalia: la pietra sulla quale era stata iscritta la mappa risaliva a 120 milioni di anni fa, quando il problema non sarebbe stato soltanto l’impossibilità di fare rilievi aerei, ma proprio di avere qualcuno che potesse disegnarla, visto che l’uomo ha cominciato a muoversi sulla Terra appena 2.5 milioni di anni fa. E dunque chi ha voluto raffigurare cartograficamente l’impervia zona russa? Secondo quanto riportato dai nostri giornaliChuvyrov, 53 anni, ha detto di non voler suggerire un’origine extraterrestre, ma definisce «inspiegabile» la mappa.”

Si sarebbe potuto pensare a un falso, una montatura, persino a uno scherzo, se la datazione della pietra non fosse stata validata dal Wisconsin Center of Historical Cartography. Come se non bastasse, gli studi successivi avrebbero confermato la possibilità che la mappa fosse solo un frammento di una carta molto più ampia, che raffigurava l’intero mondo, composta da almeno altre 348 pietre simili a questa, per una dimensione complessiva di 340×340 metri (c’è chi si interroga sull’utilità di un manufatto del genere).  Nel frattempo, la Pietra del Creatore viene conservata al museo di Ufa.

Siccome gli scettici, si sa, devono sempre rovinare la festa, Diego Cuoghi ha deciso di approfondire un po’ la questione, scoprendo, ad esempio, che non esiste alcun Wisconsin Center of Historical Cartography, ma solo The History of Cartography Project, che comunque non ha mai avuto accesso alla lastra né tantomeno ha rilasciato così definitive dichiarazioni. Ugualmente, il professor Chuvyrov, sollecitato via mail, ha lasciato intendere di essere stato frainteso dai giornalisti, che hanno riportato in maniera inesatte le sue posizioni, pur confermando la datazione della pietra.

Una decina d’anni dopo, infine, Luca Boschini e sua moglie sono andata in visita dai genitori di lei nella sua città natale, Ufa, e hanno deciso di vedere con i loro occhi la Mappa del Creatore. Solo per trovare il museo in cui era conservata hanno dovuto fare una lunga serie di ricerche, quando ci si aspetterebbe che un manufatto di tale rilevanza sia esposto nella sala centrale del museo più importante dello Spazio-Verso; una volta giunti lì, poi, la loro guida si è mantenuta piuttosto evasiva sulla questione, finché non sono riusciti a farle ammettere che, beh, nessuno ha idea di dove sia finita la Pietra dopo che è stata tolta dall’esposizione. Ma è possibile, un reperto di tale pregio buttato chissà dove?

Forse avrete notato che, a differenza del solito, questo paragrafo non ha fotografia: ho voluto conservarla per la conclusione, così da mostrarvi la Mappa del Creatore solo dopo che ne avevate conosciuto la storia e la sorte, di modo che possiate rispondere voi stessi ad alcune delle domande lasciate in sospeso dalla vicenda. Il reperto inestimabile risalente a 120 milioni di anni fa, su cui un’intelligenza ignota avrebbe raffigurato la regione degli Urali, e che degli sconsiderati curatori di museo hanno gettato e dimenticato in qualche magazzino è questo:

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Se vi sembra niente di più di una pietra rovinata dai secoli, potete stare tranquilli che non siete i soli.

2 pensieri riguardo “A che punto è la notte 26 – Mappe misteriose

  • quando ero giovane e ingenuo… la leggenda della mappa del creatore me l’ero bevuta appieno! e va beh, per crescere bisogna anche prendere delle cantonate.

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  • Dal momento che la storia è quella scritta sui libri a scuola, non può essere vero nient’altro.
    Si sa che quelle terre sono state scoperte e conosciute solo dopo.

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