16 Aprile 2024
Pagine Scettiche

Pagine scettiche – Volver, di Pedro Almodovar

Questa rubrica è dedicata a libri e film usciti ormai da qualche anno e che trattano il sovrannaturale e lo scetticismo in maniera diversa e inattesa. Naturalmente, gli articoli contengono spoiler e anticipazioni per chiunque non abbia letto o visto le opere.

 

 

Premessa: pur essendo cresciuta negli anni ’80 ed avendo trascorso il successivo decennio a praticare cinefilia militante, non ho mai amato, compreso fino in fondo, apprezzato le sfumature o atteso con ansia i film di Almodòvar.

Per un periodo mi è molto piaciuto Antonio Banderas (per via del fatto che lo volevano come interprete per il film tratto dal musical del Fantasma dell’Opera) e quindi ho visto tutti i film girati con il regista spagnolo (che erano un certo numero, un po’ come Tim Burton e Johnny Depp – no, non li scomodo Mastroianni e Fellini, ho ancora un pudore): mi sono piaciuti abbastanza, mi hanno divertito un po’, ma ho sempre trovato la messa in scena di Almodòvar eccessivamente barocca, rumorosa, confusionaria. Un po’ alla Kusturica, per intenderci, mentre per carattere e inclinazione tendo a preferire qualcosa di più piano, a volte persino asciutto (e non è un caso se poi alla fine il mio cinema è più inglese che altro).

Sicuramente non posso negare ad Almodòvar di saper raccontare le donne, e mi fa sempre sorridere quando guardo i suoi cast sull’Internet movie database e vedo elenchi infiniti di nomi femminili con qualche sparuta presenza maschile: non ero generazionalmente in sintonia con le Donne sull’orlo di una crisi di nervi, ma vi ho riconosciuto con facilità le persone che conoscevo, e ci sono diversi suoi personaggi che suonano familiari e noti.

Credo che Volver sia l’ultimo suo film che abbia visto: poco tempo, troppi film (e libri, e serie tv), qualcuno l’ho dovuto lasciare indietro, ma alla fine probabilmente è quello che ho preferito. Ambientato fra Madrid e La Mancia, il film è attraversato dal caldo vento che soffia sempre nella regione di Don Chischotte, e la sua calura, che “ti entra dentro, sconvolge i pensieri, uccide, fa impazzire le persone” ti sembra quasi di sentirla addosso, guardando il sudore sulla pelle delle protagoniste, e la naturale follia con cui si susseguono gli eventi. La storia è semplice eppure bizzarra, mi ha sempre fatto pensare a qualche eco del “realismo magico” sudamericano: Sole deve tornare al paese d’origine per il funerale della zia, mentre sua sorella Raimunda rimane in città a cercare di occultare l’omicidio appena commesso dalla figlia per difendersi dal patrigno che tentava di violentarla. Tornando a Madrid, Sole scopre di essere stata seguita dal fantasma della loro madre, Irene, deceduta 4 anni prima: lo spettro si installa in casa della figlia, che deve tenerlo nascosto anche alla sorella. Nel frattempo Agustina, un’amica di infanzia delle due donne, malata terminale, chiede a Raimunda di aiutarla a scoprire cosa sia successo a sua madre, scomparsa nel nulla lo stesso giorno dei genitori di Sole e Raimunda. A poco a poco la verità viene a galla: è stata Irene a uccidere il patrigno, che aveva violentato Raimunda, e anche la madre di Agustina, amante dell’uomo. Ovviamente Irene non è un fantasma, ma ha vissuto nascosta fin da allora ed è ora pronta a tornare nella Mancha.

A parte le varie trame e sottotrame, il film si è meritato una recensione in questa rubrica proprio per la maniera in cui racconta del fantasma Irene: trovandoci in un film di Almodòvar, quando per la prima volta la madre parla con la figlia, in auto, durante il viaggio di ritorno da La Mancia a Madrid, nessuno batte ciglio, spettatori compresi. L’interpretazione di Carmen Maura permette di accettare l’elemento sovrannaturale con una certa tranquillità, anche quando il comportamento della donna ha ben poco di etereo o spettrale.

Quando però Irene confessa di essere viva e vegeta, per un momento si rimane spiazzati: non tanto dalla rivelazione, quanto dal fatto di non aver dubitato nemmeno per un attimo della presenza di un fantasma in un film “reale”. Almodòvar ha messo in scena un meccanismo così funzionante da ingannare anche gli spettatori scettici, mediamente più propensi a cercare il trucco e il punto debole di questo tipo di impianti narrativi (e quanti ne conoscete che avevano davvero subodorato fin dall’inizio il plot-twist de Il sesto senso?).

 Non sono riuscita a trovare dichiarazioni del regista in merito alle sue posizioni scettiche o possibiliste sui temi che ci sono cari, ma non credo nemmeno sia particolarmente importante: in Volver la questione fantasmatica è stata un gioco narrativo, che però funziona ed è divertente da studiare per chi invece ha un approccio più specifico. Inoltre è un bel film con una bellissima Penelope Cruz, quindi perché non dargli un’occhiata?

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