18 Aprile 2024
A che punto è la notte

A che punto è la notte 18 – Crononauti

Con questa rubrica facciamo il punto sui mysteri di vecchia data, che esercitano ancora tutto il loro fascino pur essendo già stati smentiti e razionalmente spiegati. Oggi parliamo di uomini che hanno viaggiato nel tempo.

L’ispirazione per questo articolo è venuta naturalmente grazie alla ricorrenza pop che si è festeggiata in tutto il mondo la settimana scorsa, ovvero il Ritorno al Futuro Day: il 21 ottobre 2015 era infatti il giorno in cui Mart McFly e Doc Brown arrivavano nella nostra epoca durante il secondo film della trilogia.

Per me, ma forse per buona parte della mia generazione, la De Lorean è stata la prima macchina del tempo, tutte le altre sono venute dopo, compresa quella di H.G.Wells. Oggi non avrei dubbi, e salirei senza esitare a bordo della TARDIS di Doctor Who, ma il primo salto fuori tempo fu grazie al flusso canalizzatore di Doc, e quello non si scorda mai. Personalmente, mi affascinano in particolare i filoni sul time slip e quelli sui paradossi temporali, ma mi fermo qui perché filmografia e bibliografia sono sterminate e potrei andare avanti per ore (non si sa bene su richiesta di chi, poi). Mi concedo due soli suggerimenti di visione per la settimana, ché magari vi sono sfuggiti durante le scorse stagioni e invece vale la pena guardarli: Questione di Tempo, commedia inglese sofisticata e vitale, e Predestination, ispirato a un racconto di Heinlein.

Esperienze di viaggio nel tempo “vissute in prima persona” vengono raccontate da sempre, ma in misura minore rispetto ai rapimenti degli alieni e alle visite degli uomini in nero, il che sarebbe un interessante argomento da approfondire sotto il profilo sociologico o psicologico. Comunque, stante anche questo numero ridotto, per una volta Internet non si è trasformato in una particolare cassa di risonanza, tranne in uno dei casi più celebri, a cavallo del millennio.

1) Il time slip di Victor Goddard

Di versioni della storia ce ne sono naturalmente diverse. In realtà di quasi tutti gli eventi di questo articolo ci sono versioni diverse, sempre più ricche di dettagli e aggiunte successive. Per quanto possibile cercheremo di attenerci ai “fatti”, senza gli svolazzi romantici degli alternativisti. (Goddard, comunque, ha scritto un libro sulla sua esperienza, se volete sentirla dalla sua viva voce).

Foto di Michał Rolka da Pixabay

Noi diremo quindi che nel 1935 sir Victor Goddard, alto ufficiale della RAF inglese, ebbe modo di vedere (qualcuno dice dall’alto durante il volo d’andata, qualcun altro che lo visitò di persona personalmente) l’aerodromo di Drem, cittadina scozzese non lontana da Edinburgo, e di constatarne lo stato di completo abbandono. Un paio di giorni dopo, di ritorno verso la base, il velivolo di Goddard finì dentro una tempesta improvvisa, lampi, pioggia battente e delle strane nuvole gialle. Perse il controllo dell’aereo e stava per precipitare quando la tempesta cessò di colpo e tornò il sole. Ripresi i comandi, l’ufficiale cercò dei punti di riferimento per orientarsi di nuovo: sapeva di essere all’altezza di Drem, ma quello che gli si parò davanti non assomigliava all’aerodromo abbandonato visto pochi giorni prima. Il luogo era infatti in piena attività, degli operai in tuta blu erano indaffarati intorno ad alcuni strani aerei di colore giallo. E questo era decisamente bizzarro, perché gli aerei della RAF non erano gialli e meccanici e addetti vestivano tute marroni. Appena superato il piccolo aeroporto, inoltre, la tempesta riprese all’improvviso, e Goddard dovette di nuovo faticare per mantenersi in volo.

Tornato a casa, raccontò la sua strana esperienza ad amici e colleghi, senza che nessuno desse alla cosa particolare peso. Tuttavia, nel 1939 entrarono in uso dei nuovi modelli di bombardieri, decisamente molto simili a quelli visti da Goddard quattro anni prima, le tute degli addetti ai lavori furono sostituite con altre di colore blu, e la RAF iniziò a dipingere gli aerei di giallo. Perciò Goddard si disse sempre convinto di aver viaggiato nel tempo. Qualcuno invece propende per spiegazioni di tipo più ragionevole, come ad esempio l’autore di questo articolo, che ritiene semplicemente che Goddard – esperto e addestrato, ma pur sempre in un periodo ancora pioneristico dell’aviazione, con strumenti tecnologicamente non avanzatissimi – abbia perso l’orientamento e sia transitato invece a 150 km di distanza da Drem, su un aereoporto civile dove era plausibile trovare operai in normali tute blu e biplani di colori sgargianti. Dubito che una spiegazione ragionevole avrebbe convinto Goddard di non aver vissuto un’esperienza extra-ordinaria: l’ufficiale era infatti un fervido credente nel sovrannaturale, e no, se vi è venuto il sospetto sappiate che non è un omonimo, è proprio lo stesso Goddard autore di una delle più celebri foto di fantasmi di sempre, quella del Goddard Sqaudron (oltreché convinto di aver evitato di morire grazie all’incontro con un fantasma).

Foto di Armand Khoury da Unsplash

2) L’incidente Moberly-Jourdain

Sono incappata in questo particolare viaggio nel tempo cercando informazioni su un’altra storia, che ricordo vagamente di aver letto nella seminale rubrica “Strano ma vero!” della Settimana Enigmistica e di cui però non sono riuscita a trovare traccia (se qualche lettore in ascolto ne sapesse di più gliene sarei grata): durante una vacanza sui luoghi del D-Day, due donne vissero un’esperienza paranormale, raccontando entrambe di aver sentito nitidamente i suoni e i rumori del giorno dello Sbarco in Normandia.

Il viaggio di Charlotte Moberly ed Eleanor Jourdain è – per fortuna – meno drammatico ed è ambientato invece nei fasti della corte francese di Maria Antonietta: le due donne si erano infatti recate in Francia per un viaggio culturale, e durante la visita alla reggia di Versailles avevano smarrito la strada principale e si erano ritrovate a vagare nel parco che circonda il Petit Trianon, luogo prediletto dall’ultima regina di Francia, che lì passava gran parte del  tempo insieme ad alcuni fedeli cortigiani cercando di replicare lo stile di vita povero e bucolico dei suoi sudditi. Nel resoconto dell’avventura che pubblicarono poco dopo, le due donne raccontano di aver avvertito tutt’a un tratto l’aria cambiare, gli alberi divennero improvvisamente immobili, l’atmosfera si fece angosciante e qua e là cominciarono a comparire strane figure vestite in abiti d’epoca, ferme “come in un tableaux vivantUn uomo con il volto sfigurato dal vaiolo sedeva a un angolo della strada e le guardò con occhi carichi d’odio; una giovane donna dai folti capelli era invece intenta a disegnare sull’erba, ma la incontrò solo la più anziana delle due turisti inglesi. Poco dopo, finalmente, le donne incontrarono un altro gruppo di visitatori e tutto tornò alla normalità, anche se naturalmente l’esperienza lasciò in loro una profonda impressione. Fecero pertanto delle ricerche, ma non furono in grado di ricostruire la strada che avevano percorso, mancando completamente i punti di riferimenti che avevano incontrato, ad esempio un piccolo ponte; tuttavia ritennero di essere riuscite a riconoscere l’uomo e la donna che avevano visto più da vicino, e lei era proprio Maria Antonietta. Il libro che pubblicarono per raccontare il loro viaggio nel tempo fece molto clamore: l’idea che il parco intorno a Versailles fosse infestato dagli spettri della nobiltà uccisa dalla Rivoluzione era estremamente affascinante (lo sarebbe ancora oggi, ammettiamolo).

Tuttavia, fra gli esperti l’opinione era più cauta, e anche la England’s Society for Psychical Research ritenne che non si trattava di niente di sovrannaturale. Il nostro amico Brian Dunning ha esaminato tutto il materiale a disposizione, escludendo la spiegazione più frequentemente avanzata, vale a dire quella di uno dei frequenti “party a tema” tenuti periodicamente nel parco della reggia dall’artista Robert de Montesquiou. Dunning sostiene invece che quel giorno non sia accaduto assolutamente nulla di particolare, e solo col passare del tempo le donne abbiano man mano arricchito di sovrastrutture paranormali e fantasiose una serie di dettagli insignificanti, che – sottolinea – lì per lì non avevano fatto loro nessun effetto.

E’ una delle casistiche più frequenti, quando si parla di paranormale: qualcosa di appena appena anomalo, nel migliore dei casi, nella nostra mente comincia ad arricchirsi di dettagli sempre più mirabolanti, che ci fanno sentire sempre più speciali e unici. Dopotutto, le due donne credevano fermamente nel sovrannaturale, e hanno raccontato altri incontri fantasmatici: in questo quadro, la reggia più tragica d’Europa era la cornice ideale per vivere da protagoniste un’esperienza straordinaria.

3) Il Philadelphia Experiment

Lo so, il titolo corretto sarebbe dovuto essere l’Esperimento di Filadelfia, perché messo così può sembrare il lancio promozionale di un nuovo gusto di formaggio spalmabile, ma quando un evento entra nel tuo immaginario in un certo modo, è difficile poi chiamarlo diversamente. E da ex-cinefila militante con vaghe tendenze ossessive che si era messa a leggere il Dizionario Universale del Cinema in ordine alfabetico voce per voce (mi sono fermata alla D), questa storia l’ho incrociata per la prima volta nell’omonimo film, 1984. Su imdb l’opera ottiene una sufficienza stiracchiatissima, e sugli altri siti specializzati non va meglio: in realtà pare sia una sciocchezza colossale, basata su una delle fandonie più articolate ed elaborate della storia del complottismo. In estrema sintesi, la storia sostiene che nel 1943 la Marina Americana tentò di rendere invisibile il cacciatorpediniere USS Eldridge.  L’esperimento, basato su alcune delle teorie di Einstein (ma anche di Tesla pare, però Tesla ultimamente va di moda, quindi potrebbe essere un’aggiunta dell’ultim’ora), ebbe successo, e la nave scomparve alla vista di centinaia di testimoni. E fino a qui tutte le versioni coincidono, poi le storie cominciano a divergere e non è facilissimo districarsi: diciamo che la maggior parte dei teorici sostengono che in realtà la Eldridge non fu resa invisibile, ma teletrasportata in Virginia, per poi ricomparire dopo alcuni minuti a Philadelphia. Molti dettagli vennero raccontati da un presunto testimone oculare, tale Carlos Allende, allo scrittore Morris Jessup, autore di un testo che analizza i mezzi di propulsione delle astronavi aliene.  Allende era in realtà una figura nota nella propria cerchia per i comportamenti bizzarri e una fantasia che si confondeva con la realtà: a un’indagine successiva, tutte le sue dichiarazioni si rivelarono prive di fondamento, a partire dalla posizione della nave stessa.

Tuttavia, i segreti dei brutti militari cattivi piacciono sempre e la storia continuò a circolare fra gli appassionati di misteri, arricchendosi di ulteriori informazioni e dettagli (tra cui quello comparso non è ben chiaro quando, ma diventato fra gli elementi contraddistintivi della vicenda: alcuni dei marinai a bordo del cacciatorpediniere durante l’esperimento impazzirono, mentre altri, ancora più drammaticamente, si fusero con le parti di metallo della nave stessa). Fra gli altri, ne parlò anche Vincent Gaddis in quei Misteri del mare che abbiamo già avuto modo di incrociare, ma probabilmente la celebrità definitiva fu data da Berlitz, che – in maniera molto creativa – collegò l’esperimento al suo cavallo di battaglia preferito, il Triangolo delle Bermude.

E i viaggi nel tempo chiederete voi? Quello è cinema, signori miei: è infatti nel film che la nave e il suo equipaggio viaggiano nel tempo, ma nel 1990 venne fuori un ex marinaio a confermare la storia, dichiarando di aver partecipato all’esperimento e di aver vissuto in diversi spazio-tempi per tutta la durata della sua “assenza” dal 1943. Ancora meno che per la versione dell’esperimento militare esistono prove che avvallino l’idea del viaggio nel tempo, anzi (il presunto testimone non si trovava nemmeno lì), ma l’idea a Hollywood piace e ogni tanto la riutilizza: proprio di recente, per esempio, è stato prodotto un capolavoro che non ha niente da invidiare alla logica di correlazione di Berlitz e mette insieme l’Esperimento con il mistero di Passo Dyatlov (mostrando anche le presunte foto dei marinai morti a bordo). Una roba talmente brutta che quando finisci di vederlo vorresti poter viaggiare indietro nel tempo per recuperare l’ora e mezza perduta per sempre.

4) John Titor

L’IBM 5100, che Titor avrebbe dovuto recuperare dal passato. Foto di Sandstein, da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 3.0

 

Di questo, son stata “testimone oculare” anche io, come molti altri che si trovavano su Internet a cavallo del passaggio di millennio. C’era questo tale, in giro su forum di stampo scientifico, diceva di essere un militare, e di essere stato mandato indietro nel tempo dal 2036 per recuperare da suo nonno un prototipo di IBM le cui funzionalità segrete sarebbero state necessarie alla sopravvivenza del mondo del futuro. Poi il suo mezzo di trasporto si era rotto e lui era rimasto incastrato alla fine del 2000.

Lo so, sembra Terminator vs. L’uomo che visse nel futuro, ma in realtà chiunque ci fosse dietro quello pseudonimo fu molto abile a costruire il personaggio, e qualcosa di ciò che raccontava risultò poi essere vero (ad esempio, le funzionalità nascoste di quel modello di computer). Quindi la cosa funzionò, e i media, Internet, un po’ tutti per un attimo ci chiedemmo se per caso non avessimo incontrato il primo crononauta della Storia. Tutto accadde molto in fretta: i primi post sono del novembre 2000, l’ultimo saluto è del 24 marzo 2001. Durò il tempo giusto perché la vicenda prendesse piede e diventasse famosa (nel 2000 Internet era diffuso, ma non tanto quanto adesso, per diventare virale una storia aveva bisogno di un arco di tempo più lungo).

Le indagini a posteriori hanno comunque dimostrato l’inconsistenza di tutta la vicenda, a partire dalle solite drammatiche profezie mai avveratesi, ma su Titor sono state scritte pagine e pagine di analisi, approfondimenti, commenti: oggi gran parte dei link non sono più funzionanti, sic transeat gloria mundi, ma allora, complice anche l’atmosfera di attesa che si respirava per l’epocale passaggio temporale, rimanemmo intrigati in tanti. E magari è stato proprio Titor ad ispirare l’esperimento del professor Robert J. Nemiroff che, insieme a Teresa Wilson, ha scandagliato il web cercando qualcuno che avesse predetto in maniera indiscutibile due eventi selezionati fra quelli che avevano minori probabilità di essere indovinati per caso: l’elezione di Papa Francesco e il passaggio della cometa Ison. Ancora una volta, nessuna traccia di crononauti.

Immagine di apertura: Foto di Andy Beales da Unsplash

10 pensieri riguardo “A che punto è la notte 18 – Crononauti

  • E il buco del coniglio di 11/22/1963?

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  • bhè per dimostrare che qualcuno aveva predetto papa Francesco ci si affida a Fidel Castro e alle barzellette cubane. (a dimostrazione che la casualità è ben più brava dei complottisti a spiegare i complotti o, se si vuole, il caso è il complottista ideale)

    in attesa, ovviamente, di qualche nuova interpretazione di Michel de Nostredame o di Malachia.

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  • La storia dei suoni dello sbarco in Normandia devo averla letta anche io, ma in un libro dal titolo “Storie di fatti incredibili ma veri” che al momento non riesco a rintracciare nella mia biblioteca. Se mi rispondi all’email che ho fornito appena trovo più dettagli ti informo.

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    • Sì, grazie, qualsiasi informazione in più di quella storia è gradita!

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  • Ho ritrovato il libro, posso mandarti le foto delle due pagine “incriminate” e della copertina, ma mi serve un indirizzo mail. Uso quello della redazione di Query o ne hai uno tuo?

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    • Va benissimo quello di redazione, grazie infinite! Sono anni che cerco quella storia 🙂

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  • So di essere un po’ rompiscatole, ma ti è mai arrivata la mia mail sulla storia delle due signore in Normandia? 😛

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  • Ok, ci ho messo un po’ di tempo ma l’ho rispedita all’indirizzo di cui sopra. Speriamo che stavolta vada tutto bene.

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  • L’ho ricevuto, grazie infinite, è esattamente quello che ricordavo 🙂

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