18 Aprile 2024
Approfondimenti

Le FAQ sulla cometa ISON

Il 2013 sembra proprio essere l’anno delle comete. Questi sono gli ultimi giorni utili per osservare la cometa Pan-Starrs, e presto seguirà la cometa C/2012 F6 (Lemmon). Ma le attese sono tutte per ISON, la “cometa di Natale” che diventerà visibile verso la fine dell’anno. Per contrastare le voci incontrollate diffuse su internet riguardo alla pericolosità di questa cometa, Query ha deciso di preparare alcune piccole FAQ sull’argomento. Buona lettura.

Perché si chiama cometa ISON? Come mai alcuni sembrano chiamarla invece C/2012 S1?

Come spesso accade per gli oggetti astrofisici, dagli asteroidi alle galassie, al nome “classico” (che può essere quello dello scopritore o un nome di fantasia) viene affiancato un codice che  ne riassume le caratteristiche salienti e ne facilita la catalogazione. Nel caso della cometa in questione, il nome ISON è l’acronimo di International Scientific Optical Network, il programma di ricerca all’interno del quale è stata per la prima volta osservata nel Settembre 2012. Il nome in codice è invece C/2012 S1. La prima lettera identifica la tipologia di cometa: C sta per “cometa non periodica” (ovvero a traiettoria non ellittica o comunque estremamente eccentrica). Alla prima lettera segue l’anno di scoperta (2012) e  un codice che ci dice che si tratta della prima cometa scoperta nel mese di Settembre (S1).

Che cos’ha di speciale? Ha qualche differenza rispetto ad altre comete avvistate negli anni passati?

Da un punto di vista fisico (morfologia, meccanismo di formazione…) non è diversa dalle altre comete avvistate negli anni passati. Il suo passaggio però sarà un evento notevole e assolutamente affascinante per via di una serie di fattori. La cometa passerà molto vicino al Sole (meno di due milioni di chilometri) e abbastanza vicino alla Terra. Essa risulterà pertanto molto luminosa, ben visibile probabilmente anche di giorno e con una notevole coda. Queste caratteristiche la renderanno quella che in gergo si chiama una “grande cometa”.

Come si fa a prevedere che la ISON diventerà visibile a occhio nudo?

Dai dati riguardanti l’orbita, riportati sul sito del Jet Propulsion Laboratory della NASA, si ricava che ISON passerà a 0.4 unità astronomiche (UA) dalla Terra (corrispondenti a circa 60 milioni di km) il 26 dicembre 2013. Considerando che la cometa Hale-Bopp nel 1997 fu distintamente visibile ad occhio nudo per molti mesi, pur avvicinandosi a “soli” 197 milioni di km dalla superficie terrestre, è facilmente prevedibile che anche ISON sarà visibile ad occhio nudo.

Si tratta della stessa “grande cometa” del 1680?

Non si tratta della stessa cometa apparsa nel 1680 e grazie alla quale Newton riuscì a mettere alla prova le leggi di Keplero. Entrambe le comete infatti sono non periodiche, ovvero attraversano il sistema solare interno una sola volta, oppure lo fanno a distanze temporali molto lunghe. Per la grande cometa del 1680 si stima un periodo dell’ordine di 10000 anni (benché tali stime siano molto complesse). Inoltre si ritiene che ISON sia al suo primo passaggio in prossimità del Sole, cosa che, fra l’altro, ne renderà la visione particolarmente spettacolare. Ciononostante le due comete hanno dati orbitali molto simili, il che rende probabile che si siano formate da uno stesso corpo madre, in una regione ai confini del sistema solare, conosciuta come nube di Oort.

E’ pericolosa? Potrebbe colpirci?

No. I parametri orbitali di ISON sono stati studiati nei dettagli, e le probabilità di impatto sono nulle.

E’ vero che a fine anno ISON passerà molto vicina al Sole e potrebbe disintegrarsi? I frammenti generati potrebbero essere pericolosi?

Come tutte le comete radenti, anche ISON passerà molto vicina alla superficie solare (0.012 UA, meno di 20 milioni di km) e, a causa della radiazione solare e delle forze di marea gravitazionali, potrebbe perdere gran parte del proprio materiale, evaporando o perdendo frammenti di nucleo che vanno a formare la coda e una nube di piccoli “detriti” che restano sull’orbita originaria. La pericolosità di questi frammenti per il successivo passaggio nei pressi del nostro pianeta non è maggiore di quella rappresentata dalle “lacrime di San Lorenzo” del 10 agosto, generato dal medesimo fenomeno di interazione dell’atmosfera terrestre con tali nubi di detriti.

Si tratta realmente, come afferma il fisico James Mc Canney, di un piccolo pianeta? In generale, cosa differenzia una cometa da un pianeta o un asteroide?

Come definito nell’incontro dell’agosto 2006 dell’International Astronomical Union (IAU), un pianeta è un corpo celeste che soddisfa le seguenti proprietà: 1) è in orbita intorno al Sole, 2) ha forma approssimativamente sferica, 3) è abbastanza massivo da “dominare” gravitazionalmente la regione di spazio nelle vicinanze della sua orbita. Pur essendo la definizione abbastanza vaga, sicuramente la cometa ISON è esclusa già per via della condizione 1: ISON infatti ha un’orbita di tipo iperbolico, dunque non un’orbita chiusa intorno al sole. Anche le comete con orbite ellittiche, tuttavia, sono escluse dalla definizione di pianeta a causa della loro forma (molto spesso non hanno forma sferica) o del fatto che transitino molto vicino ai pianeti del sistema solare, subendo forti perturbazioni gravitazionali sulla loro orbita.

Quanto è grande ISON? E’ vero che ha un diametro di 2300 chilometri?

Quando si parla di dimensioni di una cometa è necessario distinguere fra nucleo, chioma e coda. Il nucleo, la “palla di ghiaccio sporco” non supera in genere il diametro di poche decine di chilometri. Nel momento in cui la cometa si avvicina al Sole, per effetto della sublimazione degli strati esterni del nucleo, si forma una debole atmosfera temporanea in grado di raggiungere dimensioni notevoli, anche dell’ordine di un milione di chilometri. Benché evanescente, la chioma riflette la luce solare e appare pertanto luminosa e, date le sue dimensioni, può essere risolta (ovvero se ne può osservare la forma). Il nucleo invece è troppo piccolo per poter essere risolto, e apparirà sempre come un puntino luminoso al centro della chioma. Ciò detto, la stima dei 2300 chilometri (che riguarderebbe il nucleo) è del tutto inattendibile, in quanto realizzata partendo dal modello di accrescimento di Mc Canney, scientificamente del tutto infondato.

E’ vero che le grandi comete hanno forti proprietà elettromagnetiche e che possono innescare delle eiezioni di massa sul Sole? Queste eruzioni solari potrebbero essere in qualche modo pericolose?

Le comete sono corpi celesti elettrostaticamente neutri e non sono mai stati rilevati campi magnetici nel loro nucleo. La chioma può essere composta da gas ionizzati, ma la presenza di elettroni liberi la rende comunque mediamente neutra. Dunque si può concludere che le presunte proprietà elettromagnetiche sono una leggenda metropolitana.

Non sono note eiezioni di massa solare innescate dalle comete, e a quanto se ne sa non è un fenomeno possibile. Le eiezioni di massa coronali sono un fenomeno noto e le più energetiche, se rivolte esattamente verso la terra, possono causare tempeste magnetiche, interruzioni elettriche, danneggiamento dei satelliti e problemi alle telecomunicazioni. Ciò nonostante, questi fenomeni sono piuttosto rari e non c’è modo di prevederli in anticipo: il miglior anticipo che si possa ottenere è di qualche ora, tenendo sotto osservazione la superficie solare con speciali satelliti sentinella. Pur trattandosi quindi di un pericolo reale, l’arrivo della cometa ISON non innalzerà il livello di rischio.

Le comete contengono grandi quantità di molecole organiche: se la coda di una cometa colpisse la terra dobbiamo aspettarci l’inquinamento della sua atmosfera da parte di molecole tossiche o addirittura virus letali?

All’interno delle comete sono state effettivamente rilevate ingenti quantità di molecole organiche, alcune delle quali potenzialmente tossiche, ma al momento le tecniche spettroscopiche non consentono di riconoscere molecole così complesse come virus, e una loro eventuale presenza nelle chiome delle comete è pura speculazione senza alcun riscontro osservativo. Peraltro è alquanto improbabile che un virus spaziale, rimasto isolato nello spazio per miliardi di anni senza “inseguire” l’evoluzione delle forme biologiche terrestri, possa essere in grado di infettare gli esseri viventi, che sulla Terra sono andati incontro a una lunga e complessa evoluzione genetica.

Per quanto riguarda le molecole tossiche, innanzi tutto le particelle cometarie in arrivo dallo spazio si consumano all’impatto con l’atmosfera, e comunque le quantità in gioco sono tali da non poter modificare in modo apprezzabile la composizione dell’atmosfera. Il rischio si può pertanto ritenere trascurabile.

Immagine: prima foto della cometa C/2012 S1 (ISON), scattata il 22 settembre 2012 dall’osservatorio di Remanzacco, licenza CC BY-SA 3.0 Unported.

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